Temevo il peggio e, invece, questo agosto mi sta andando benissimo. Già, perché a leggere le statistiche 4 italiani su 10 stanno trascorrendo le ferie (Ferragosto compreso) dove sono io: un puttanaio mai visto e neppure previsto. Ma l’amena località (senza vista mare, monti, lago o città d’arte) di Acàstò sta reggendo bene l’onda d’urto. Siamo in tanti ma non ci diamo fastidio, anzi se c’incontriamo, tra una finestra e un balcone, ci salutiamo pure, che non sempre è scontato. Sì, sto trascorrendo agosto in un paesotto qualsiasi di una qualsiasi provincia italiana, a casa mia e, vi assicuro, è una vera vacanza. Non ho nulla di cui lamentarmi e non ho alcuna ansia da prestazione: questo è il bello nel mese più finto dell’anno, dove ognuno si spaccia per quello che abitualmente non è (tipo campione di windsurf o il re delle ferrate), dove l’altro se ne approfitta per monetizzare in pochi giorni quello che non gli è riuscito in settimane infinite, dove i bambini diventano più capricciosi del solito così come i fidanzati o le mogli.
Nella mia Acàstò non sento l’obbligo impellente di aggiornare di ora in ora le mie pagine social truccando la realtà in una sfilata carnevalesca di bugiarde opere d’arte: un semplice spaghetto aglio, olio e peperoncino diventa una tela dell’Arcimboldo, un mare cristallino solo perché lo hai preso nel microscorcio senza alghe, la borsa taroccata che sfoggi dopo aver seguito un tutorial di Chiara Ferragni... Acàstò tutto ciò è inutilmente superfluo, posso stare in pigiama tutto il giorno, leggermi un buon libro (io sto recuperando i romanzi di Matteo Bussola, per esempio), pucciarmi nella piscina gonfiabile della Barbie, perché qualcosa alla moda ce l’ho anch’io. Ma niente selfie, Acàstò ci sono così tante cose più utili e interessanti da fare. Tipo scoprire che hai una pianta di fichi o spicciare casa che negli altri mesi la trascuri sempre un pochetto.
Una villeggiatura Acàstò ha molti altri vantaggi. Ad esempio, non devi metterti in viaggio e studiare se è bollino nero o rosso: dove sono io il bollino è sempre verde. Non rischi neppure che il treno dopo un’ora si fermi in galleria senza darti speranza né sull’aria condizionata né su quando tornerai a vedere la luce in fondo al tunnel. Per non parlare degli aerei: se sfuggi all’overbooking non è detto che scampi pure alla ghigliottina del misura bagaglio a mano, capace di risucchiarti il budget riservato agli extra dell’intera vacanza. Acàstò so quando parto e so quando arrivo, con millimetrica precisione, perché il punto di partenza coincide con quello di destinazione. In questo mese ameno dimentico la parola stress che, a quanto vedo, si è impossessato di tanti villeggianti che al ritorno avranno bisogno di un’esorcista per liberarsene. Seguo con divertita lontananza la vorticosa gara a chi sfoggia lo scontrino con la fregatura più salata: c’è chi ha pagato un piattino vuoto, chi il taglio a metà del toast, chi l’aver usufruito di 3 cucchiaini per un solo dolce, chi 520 euro per 2 cocktail e stuzzichini... Ma se ti siedi nel bar figo di Porto Cervo, di Mykonos o di Ibiza (ma ad agosto vale per tutte le località di villeggiatura) non è prima meglio dare un occhio ai prezzi?
Io mi ritengo una privilegiata, Acàstò non corro questi rischi: oggi ho voluto fare la sborona e mi sono preparata una coppa di gelato con quattro cucchiaini, uno per ogni gusto. Lo so, sono golosa, ma del resto sono in vacanza, come il mio portafoglio. Sta lì e sonnecchia con me. Non si sgonfia come quelli al mare. Le cronache raccontano di chi gira l’intera regione (Puglia, Toscana, Liguria... ovunque) prima di trovare un lettino in spiaggia che non sia un furto senza scasso. C’è anche chi non lo trova e trascorre le vacanze nella piscina dell’hotel che, anche in questo caso, non gli è stato regalato. Però si consola in fretta. Fa qualche selfie di prova: l’acqua della piscina del resto è più azzurra del mare, i filtri dello smartphone fanno il loro dovere anche su look, profilo e abbronzatura. E allora ecco lo scatto con il mega sorriso acchiappalike per i follower: se proprio non lo sono, almeno appaio felice. Meglio accontentarsi. Acàstò, invece, succede il contrario: non appaio, ma sono... Ed è tanta roba.