Gli Stati Uniti serrano i ranghi dei loro alleati nel Pacifico, in primis Giappone e Corea del Sud, nella prospettiva di una specie di NATO dell’Asia, come bastione verso Cina e Corea del Nord. Ieri il segretario di Stato americano Antony Blinken s'è consultato in teleconferenza coi ministri degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi e sudcoreano Park Jin. E ha annunciato un imminente vertice trilaterale che si terrà domani negli Stati Uniti. A Camp David, il presidente statunitense Joe Biden ospiterà venerdì il premier nipponico Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol per il loro primo, storico, trilaterale. Blinken ha legato il summit al contesto generale e alla guerra russo-ucraina: «È un momento in cui l'Asia e il mondo sono messi alla prova da competizioni geopolitiche, crisi climatica, guerra russa contro l'Ucraina e minacce nucleari. Con Giappone e Corea del Sud promuoveremo il nostro impegno per la denuclearizzazione della penisola coreana». Il vertice dovrebbe chiudersi con un documento ufficiale sulle direttive per dissuadere Corea del Nord e Cina dal tentare avventure nella penisola coreana, a Taiwan o negli arcipelaghi del Pacifico. In soldoni, per dissuaderle dall'imitare la Russia in Ucraina.
LE BOMBE DI KIM
Il vertice arriva dopo che il ministro della Difesa nordcoreano, generale Kang Sun-Nam, ospite martedì in Russia per l'XI Conferenza della Sicurezza di Mosca, ha affermato: «Una guerra nucleare nella penisola coreana accadrà. La questione riguarderà solo chi la inizierà e quando». Kang criticava l'avvicendamento in Corea del Sud di mezzi militari USA armati di ordigni nucleari, come la portaerei Nimitz, il sottomarino Kentucky e i bombardieri pesanti B-52. Ma i nordcoreani stessi hanno attizzato il fuoco. Il 14 agosto il dittatore Kim Jong-un ha reso noto d'aver visitato varie fabbriche di armi, chiedendo loro di «aumentare in modo esponenziale la produzione di missili e di rampe autocarrate lanciarazzi per preparare la nazione alla guerra». Nelle stesse ore i sudcoreani hanno rilevato due piccoli terremoti nell'area di Punggye-Ri, il poligono usato dai nordisti per esplosioni atomiche sperimentali in pozzi sotterranei.
I sismi sono stati considerati di origine naturale, ma hanno riportato l'attenzione sulla possibilità che il regime di Pyongyang ricominci a fare scoppiare atomiche sottoterra. Finora, dal 2006 al 2017, ne ha fatte detonare 6, ma la moratoria che dura da 6 anni potrebbe finire. Già il 17 luglio il consigliere alla Sicurezza Nazionale Jake Sullivan ammoniva: «Non sarebbe una sorpresa se la Corea del Nord facesse un altro test nucleare in relazione alle sue capacità nei missili». Infatti il 12 luglio Kim aveva provato in mare un missile intercontinentale Hwasong-18, in grado di raggiungere l'America. E fin da marzo scorso la propaganda nordcoreana aveva mostrato 10 testate nucleari pronte all'uso. Ordigni definiti «del tipo tattico Hwasal-31» della potenza di 45 kilotoni (tre volte Hiroshima) e imbarcabili su missili. Un prossimo test nucleare nordcoreano potrebbe proprio riguardare una testata Hwasal-31 per sperimentarne l'effettivo funzionamento.
UN OSTAGGIO MUTO
La tensione è quindi massima mentre la Corea del Nord conferma la presenza sul suo territorio del soldato americano Travis King, che il 18 luglio ha attraversato illegalmente la frontiera fra le due Coree. King, che è nero, aveva commesso un reato d'aggressione in Corea del Sud e scontato una lieve pena di due mesi. Per Pyongyang «ha disertato a causa del razzismo presente nell'esercito americano e chiede asilo politico a noi o a un paese terzo». Non si hanno dichiarazioni dirette dal soldato, né si sa se sia internato in un campo di lavoro. Gli Stati Uniti stanno valutando se considerarlo, oppure no, prigioniero. Nel mirino del summit USA-Giappone-Corea del Sud c'è anche l'aiuto nordcoreano alla Russia, in rifornimenti di munizioni, sancito dalla visita a Pyongyang del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu il 26 luglio. Anche la Cina si sente additata. Il ministro della Difesa cinese Li Shangfu, anch'egli a Mosca come il collega nordcoreano Kang, ha esortato USA e alleati a «non scherzare col fuoco su Taiwan», l'isola che Pechino sogna di invadere. Il giornale di regime South China Morning Post scrive che «la Cina è in stato di massima allerta» per il summit Washington-Tokyo-Seul. E il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, avverte: «Ci opponiamo alla creazione di cricche che inaspriscono il confronto e compromettono la sicurezza strategica di altri Paesi».