Il governo e suoi rapporti con l’Europa; le sfide del nuovo Piano Mattei e della natalità; un passaggio politico sui servizi segreti e una strigliata al Fondo monetario internazionale per il suo atteggiamento nei confronti della crisi tunisina. Sono i temi principali che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha toccato durante il suo intervento al Meeting di Rimini. Un lungo colloquio con il direttore della Fondazione Meeting per l’amicizia, Emmanuele Forlani, dai toni pacati, ma altrettanto fermi. Sulla credibilità internazionale che il governo si è costruito nonostante gli “allarmi” che ne hanno accompagnato la formazione, Mantovano ha spiegato come essa «si basa su una serie di fattori. Il primo è quello che l’esecutivo è percepito dai partner internazionali come stabile e destinato a durare. Il secondo è il fatto che noi siamo andati in Europa, non con l’intenzione di metterla in discussione, ma nemmeno supini, disposti ad accettare tutto quello che altri decidevano. Non abbiamo avuto e non abbiamo complessi di inferiorità». per ultimo Mantovano lascia il tema delle alleanze internazionali «che noi rispettiamo, anche quando alcune scelte vanno a detrimento dell’Italia. Il riferimento- spiega il sottosegretario- è ovviamente alla guerra in Ucraina. Entrare a far parte della coalizione che la difende ha creato - non solo a noi - problemi dal punto di vista degli approvvigionamenti di energia e di rincaro delle materie prime». Mantovano, però, spiega che proprio da queste scelte «si sono aperte per il nostro Paese nuove opportunità», come quelle concretizzatesi con i nuovi accordi sull’energia con Algeria e Libia. E col nuovo “Piano Mattei”.
LA CONFESSIONE
Prima di parla della strategia del governo in Africa, però, Mantovano svela un piccolo segreto riguardante il suo metodo di lavoro: «È un modus che ho imparato da Roberto Maroni quando ero sottosegretario all’Interno. Per risolvere un problema metteva tutti gli attori attorno a un tavolo. Poi quindici o venti giorni dopo andavamo a vedere se le soluzioni trovate avevano funzionato. Ecco, io faccio così, ad esempio, nella preparazione dei Cdm. Sapete perché a volte sono così veloci? Perché i nodi sui vari provvedimenti li abbiamo già sciolti prima». Che poi è un modo per dire che «tutti i ministri lavorano in maniera molto concorde». Alla faccia di chi parla continuamente di divisioni tra questo e quel ministro.
Poi Mantovano affronta il “Piano Mattei”, partendo dall’assunto che «l’Africa non è solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro e non solo per il tema delle migrazioni, ma anche per quello dell’approvvigionamento energetico». In questo campo secondo il sottosegretario l’Italia può giocare un ruolo chiave «perché a differenza di quello di altre nazioni, il nostro atteggiamento non è percepito come di stampo coloniale o post coloniale. Anzi, durante l’incontro avvenuto a Roma, abbiamo messo in chiaro che il nostro intento è quello di discutere tutti alla pari». Mantovano punta l’attenzione su due pericoli: «Non dobbiamo lasciare questi Paesi in mano alle organizzazioni terroristiche», ma nemmeno «nelle mani della Russia» o peggio ancora «della Cina», entrambe ritenute «presenze tra le più raccomandabili». Per questo se la prende con l’atteggiamento del Fondo Monetario Internazionale «che lesina le aperture di credito promesse alla Tunisia, legandole al rispetto dei diritti. Ma se quel Paese non ha nemmeno i soldi per pagare gli stipendi alle forze dell’ordine, come si può pretendere che faccia rispettare i diritti?».
007 ED ECONOMIA
Il sottosegretario prosegue il suo intervento ribadendo la volontà del governo di lottare contro la criminalità organizzata e smorza sul tema dei servizi segreti: «Il dibattito sull’unificazione è caricaturale. I due Servizi fin dal 2007 hanno un unico comando politico, che è rappresentato dalla presidenza del Consiglio. Il tema casomai è come renderli più efficienti. Poi - ha chiuso l’argomento - resta sempre il fatto che il miglior controllo sul loro operato è in capo al Parlamento». Sulla natalità, invece, è netto: «Il modello è quello di un bimbo che ha una mamma e un papà» e ricordando che «un figlio non è un’automobile che si sceglie su un catalogo».