Quale sarà l’impatto della morte di Prtigozhin sul sistema di potere russo? E che ne sarà della Wagner? Ne parliamo con Luigi Sergio Germani: direttore dell’Istituto Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici e esperto di Russia che si occupa in particolare di disinformazione, attività di influenza e destabilizzazione. «Dopo la ribellione del 23 e 24 giugno il regime di Putin aveva evidentemente deciso che la Wagner andava smantellata, perché Prigozhin non era più considerato un alleato affidabile dal regime. Ma avevano bisogno di tempo per traferirne le unità in Bielorussia, e quindi avevano bisogno in qualche modo di Prigozhin per la transizione. Quindi non lo hanno fatto fuori subito, ma avevano evidentemente preso la decisione di eliminarlo fisicamente e ricordiamo che Putin ha fatto fuori centinaia, migliaia di oppositori, traditori, persone scomode. Dal 1999 la metodologia è sempre quella. Di tipo mafioso. Avevano già deciso, ma avevano ancora bisogno di loro per un certo periodo».
E che sarà ora della Wagner?
«Bisognerà probabilmente distinguere la Wagner in Africa dalla Wagner in Ucraina, in Siria, eccetera. In Africa la Wagner era coinvolta in tutta una serie di attività proprio di carattere mafioso, col traffico di risorse minerarie in cambio di armi. Tra l’altro non è una cosa nuova: la mafia russa è coinvolta in traffici in Africa dagli anni 90. Il gruppo Wagner si è intrufolato dopo, come altri gruppi che puntano a oro e diamanti. Probabilmente la Wagner in Africa sarà dunque sostituita da altre compagnie: alcune già esistenti; altre da creare. Ma ci sono in Africa tutta una serie di attività di carattere mafioso che è necessario mantenere, anche per questioni di profitti».
Via Telegram la Wagner ha lanciato dure accuse di tradimento a chi ha ucciso l’”eroe” Prigozhin. È possibile una rivolta contro il regime, anche solo con modalità terroriste?
«Il rischio c’è, con il rafforzamento del mito di Prigozhin. Non è chiaro però quanto sia importante. Da una parte la morte di Prigozhin sembra consolidare il potere di Putin, che però si è sempre sostenuto facendo il mediatore tra cosche e fazioni impegnate in una lotta costante e continua proprio per il controllo di risorse finanziarie e attività criminali. Il ruolo di Putin è quello di fare l’arbitro di queste lotte, contenere la conflittualità anche mettendo l’uno contro l’altro. Per controllare meglio ha addirittura creato un Servizio anti-droga la cui funzione fondamentale in realtà non è quella di lottare contro i narcotici, anzi forse sono pure coinvolti. Ma hanno una grossa capacità di fare controlli e ricatti. Ma adesso questa funzione è un po’ a rischio, e da qui l’origine della grave instabilità del regime. Per quanto riguarda possibili ripercussioni ribellistiche, non è chiaro se Prigozhin possa diventare un simbolo in grado di ispirare l’ala più dura. Quella secondo cui in Ucraina bisogna tornare a un tipo di guerra ancora più spietata, ancora più genocidiaria. Probabilmente l’opinione pubblica russa, che poi è sotto l’influenza della propaganda pro guerra, vedrà la morte di Prigozhin come qualcosa di meritato, anche quelli che avevano una certa simpatia per lui. Adesso il regime vuole mandare un messaggio: chiunque voglia sfidare Putin finirà male. Lo ha sempre fatto e continua a farlo. Quindi il regime sarà basato ancora di più sul terrore».
Prigozhin era anche l’uomo che aveva creato la famosa “Fabbrica dei troll” di San Pietroburgo, con cui invadeva i Social di fake news e disinformazione. E adesso?
«Penso che ormai la macchina propagandistica non dipenda più da Prigozhin. Non hanno bisogno di lui per questo tipo di attività». Però le attività continuano? «Sì le attività continuano. Perché ci sono i vari servizi segreti, il Gru, l’Fsb, l’Svr, che continuano a fare questa attività sia a livello cyber, con campagne web; sia a livello di agenti di influenza, che comunque ci sono ancora, anche se i Servizi russi hanno sofferto parecchio. Sono stati cacciati tantissimi dalle capitali occidentali, quindi stanno cercando di passare ad altre metodologie. I cosiddetti illegali, altri agenti infiltrati. Loro continuano, perché poi la strategia di Putin è di sopravvivere fino alle elezioni americane per sperare che poi possa vincere un candidato contrario alla guerra come Trump. Lui gioca col tempo. Spera il blocco occidentale filo Ucraina piano piano sui indebolisca e poi si disgreghi. Lui crede che il tempo giochi a suo favore, però c’è anche questa incognita se il suo regime possa tenere».
Quanto è solido il regime?
«Credo che abbia ancora un controllo sugli apparati di sicurezza e sugli apparati militari, che lui gioca appunto uno contro l’altro. Per esempio all’interno non c’è solo l’Fsb ma c’è anche l’Fso: il Servizio Generale di Protezione. È un servizio con 50.000 truppe, che controllano anche la cosiddetta scatola nera nell’eventualità di una guerra nucleare. È un Servizio molto potente. Si parla sempre dell’Fsb ma ci sono anche loro. Ovviamente c’è poi il Gru, l’Svr, e altri ancora. La strategia di Putin è continuare col divide et impera nelle dispute mafiose. Soprattutto quelle che riguardano i profitti. Però non è chiaro fino a quando potrà continuare a fare così. Il caso Prigozhin dimostra che non è più efficace come prima».
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.