Le bestiali violenze di Palermo e Caivano stanno alimentando da giorni il dibattito a tutti i livelli: politico, sociale, educativo, etico e morale. Ed è giusto che sia così purché, dal ragionato confronto rispettoso del dolore delle vittime e permeato di un senso di responsabilità collettiva per evitare che drammi del genere non si ripetano più, non si passi alla solita strumentalizzazione politico-ideologica. Come accaduto alle parole di Andrea Giambruno, capaci di monopolizzare per tre giorni i titoli dei giornali al solo scopo di attaccare Giorgia Meloni e creare una correlazione tra l'inesistente «mentalità machista» del giornalista e l’Italia targata centrodestra. Non hanno riscosso lo stesso successo narrativo, invece, altri drammi e altre violenze che si verificano praticamente ogni giorno in giro per lo Stivale con una differenza sostanziale rispetto a Caivano e Palermo: le bestialità sono identiche, i problemi pure, ma gli aggressori sono migranti.
BREVE A PIE’ PAGINA
Alcuni “giornaloni” che continuano a dare spazio a dettagli fin troppo pruriginosi e francamente inopportuni dello stupro di Palermo, non menzionano affatto o relegano a trafiletti a pie’ pagina e cinque metri in fondo alla home del sito la notizia del ventunenne egiziano arrestato, su ordine del gip Patrizia Nobile, per violenza sessuale di gruppo che avrebbe commesso ai danni di una 14enne con altri quattro giovani a settembre dello scorso anno in una struttura abbandonata in zona Bonola, a Milano. La storia è datata, ma l'arresto è avvenuto lo scorso lunedì a Rimini. Quindi, visto il clima, notiziabilissimo. Nel provvedimento del gip si fa riferimento ad un inaudito livello di violenza esercitato dal branco di egiziani (due maggiorenni sono stati espulsi dall'Italia e due minori sono stati denunciati alla Procura per i minorenni): «Il livello di violenza esercitato, la pervicacia nel proposito criminoso fanno emergere personalità ciniche, violente, aggressive. Le condizioni di vita dei medesimi, in assoluta promiscuità in edifici abbandonati», si legge nel documento «inducono a ritenere che gli indagati non abbiano freni inibitori e che le condotte in esame, lungi dall’essere episodiche, rispondano ad istinti irrefrenabili che i medesimi assecondano, in assoluto spregio della mancanza di consenso della persona offesa (peraltro minore), anche come per assecondare logiche di sopraffazione proprie del branco».
Contesti, lessici e ricostruzioni perfettamente sovrapponibili agli stupri del Mezzogiorno e capaci di suscitare gli stessi identici interrogativi. Di spazio mediatico, però, neanche l’ombra. Potrebbe sembrare un caso, una svista. Ma alla luce del recente caso del killer di Rovereto «dal fisico spettacolare» il dubbio che possa esserci una certa disparità di trattamento diventa legittimo. Anche perché gli esempi sono infiniti. Bologna, scorso fine settimana: una donna viene seguita fin dentro l’androne del suo palazzo in pieno centro, spinta nell’ascensore e abusata. Il violentatore? Un ventenne gambiano. Rilevanza mediatica? Inesistente. Parma, domenica scorsa: una quattordicenne viene aggredita fuori da un pub e un ragazzo finisce in manette per violenza sessuale aggravata su minore. La ragazzina si fidava di quel 22enne di origine senegalese che aveva incrociato molte volte nel locale. Erano usciti insieme a parlare, ma lui l’ha aggredita e molestata. «Ti voglio assaggiare», le ha detto prima di avventarsi su di lei. Per fortuna la 14enne è riuscita a divincolarsi e dare l’allarme. Un allarme che però sui giornali non è scattato affatto. Una lista che, scartabellando le cronache locali, potrebbe diventare molto più lunga. Far finta di aver finito i giga, però, conviene di più.