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La loggia Ungheria non era reato: dopo 4 anni, altro errore dei pm

di Paolo Ferrari domenica 17 settembre 2023

2' di lettura

Dopo circa quattro anni, cala definitivamente il sipario sulla loggia Ungheria, l’associazione paramassonica che secondo l’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara avrebbe avuto lo scopo di pilotare le nomine al Consiglio superiore della magistratura e aggiustare i processi nei confronti dei suoi appartenenti. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia Angela Avila ha depositato ieri il decreto di archiviazione, accogliendo così la richiesta che era stata fatta dalla Procura oltre un anno fa. A dare la notizia è stato lo stesso procuratore perugino Raffaele Cantone che, in un comunicato, ha sottolineato come la collega abbia ritenuto insussistente il reato di “associazione segreta” previsto dalla legge Anselmi.

Con un provvedimento di quasi 200 pagine, Cantone aveva stabilito che la loggia non era mai esistita e che i fatti narrati da Amara non potevano in alcun modo essere ricondotti all’attività di una loggia segreta. Amara, ritenuto fino a quel momento attendibile dai magistrati e principale teste d’accusa nel processo per corruzione Eni-Nigeria, aveva invece spiegato ai pm di Milano alla fine del 2019 anche le modalità di affiliazione alla loggia, facendo i nomi di circa una ottantina di suoi componenti. Le indagini avevano poi subito una battuta d’arresto e il pm Paolo Storari, titolare del fascicolo, aveva chiesto a Piercamillo Davigo, allora componente del Csm, di sbloccare la situazione. I due magistrati erano convinti, a differenza di Cantone, della genuinità del racconto di Amara. Dopo varie traversie, il fascicolo era arrivato a Perugia anche se la Procura del capoluogo umbro non avrebbe potuto essere competente in quanto il predecessore di Cantone, Luigi De Ficchy, figurava fra i nomi fatti da Amara. La sua posizione era stata allora stralciata ed inviata a quella di Firenze.

Il racconto di Amara non presentava «inattendibilità talmente macroscopica da compromettere in radice la credibilità del dichiarante», ma «l’esistenza dell’associazione non è adeguatamente riscontrata», aveva scritto Cantone, sottolineando che «gli episodi raccontati di Amara non sono indicativi dell’esistenza di un’associazione segreta: interferenze o tentativi di condizionamento di nomine di vertice della magistratura, tentativi compiuti o incompiuti di interferire su nomine dei vertici di enti, istituzioni e società pubbliche, che pure possono ritenersi avvenute, sono risultati ascrivibili ad interessi personali o professionali diretti di Amara odi soggetti a lui strettamente legati, piuttosto che conseguenza dell’attività di condizionamento di una “loggia”».

Amara, poi, avrebbe ritrattato in maniera inspiegabile alcune delle sue affermazioni, «sminuendo il ruolo di quella che aveva indicato come una nuova loggia P2», arrivando anche ad ipotizzare la creazione di un’organizzazione parallela. Tesi accolta, come detto, dalla gip. Cantone aveva poi stralciato altre posizioni, trasmettendo i nomi dei magistrati coinvolti nella ormai ex loggia Ungheria al procuratore generale della Cassazione per verificare eventuali profili disciplinari nelle condotte. Per capire perché Amara abbia sentito l’esigenza di inventarsi l’esistenza di una P2 del terzo millennio non resta che attendere il processo per calunnia nei suoi confronti. La prima udienza è fissata per giovedì davanti al giudice milanese Guido Salvini.

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