Lo ammetto sono un papà separato. Lo ammetto, sono il papà dell’Esselunga. Lo ammetto: la separazione è un inferno. E da quando ci sono dentro non vedo che cose brutte, non sento che storie avvilenti. Lotte intestine per i soldi, bambini usati come strumenti di lotta. Si litiga per ogni cosa: dagli alimenti alla casa, la scuola, le vacanze, i compleanni e le ferie natalizie, lo sport e il tempo libero, i vestiti e i giocatoli. Guardiamo il calendario con angoscia. Tocca e me, tocca a te. Litighiamo con i nostri ex, litighiamo con noi stessi. Insomma, un inferno.
MISERIE QUOTIDIANE
Certi racconti sono pure peggio: coppie che si mangiano il fegato per un quadro di scarso valore, che si vestono da accattoni alle udienze per fingere di passarsela male; altri che, al contrario, si fingono splendidi e sfavillanti in abiti Dior per dare uno schiaffo morale al proprio ex, «perché sai, da quando non stiamo più insieme sono rinata». Le nostre miserie non sono per tutti, le conoscono e le capiscono solo quelli che ci passano. Solo noi abbiamo certi problemi che gli altri non sanno. I dati dicono che i matrimoni sono sempre meno, eppure i divorzi costanti. Fate un piccolo sondaggio nella vostra cerchia di amicizie: dopo la pandemia quante coppie sono scoppiate? Le nostre miserie non sono di tutti, fortunatamente. Tanti vivono separazioni consensuali, tranquille. Quanta invidia e quanto rispetto per un mondo felice e facile, dove l’altro rimane una sponda, un aiuto, un riferimento.
BENE DISARMANTE
E poi arriva una pubblicità, una bambina, una pesca, una storia che riesce a raccontare questa condizione con una semplicità e una banalità del bene disarmante. Lei, piccola creatura, che vive lo stesso dramma dei genitori, eppure riesce a guardare oltre, creare un ponte con un gesto d’amore, inventare una strada attraverso una bugia. Paradossalmente piena di verità. Non capisco le polemiche, chi parla di attacco alla libertà di divorziare, chiedendo quasi la censura di un racconto che ha il merito di aprirci gli occhi sulla nostra realtà. A me è venuto da pensare: magari fossero tutte così le storie dei bambini separati. Magari fossero tutte così le madri e i padri che prendono in mano quella pesca e riflettono sul bene e l’amore possibile, sul rispetto reciproco, anche da separati.
LA PICCOLA MANO
Un giorno eravamo alla festa di fine anno dell’asilo. Eravamo seduti a guardare la recita. Mia figlia seduta in mezzo, tra me e la mia ex. Io presi la sua piccola mano, lei d’istinto afferrò quella della madre e poi le poggiò entrambe sulle sue ginocchia, con nostro stupore. Sembrava seduta su una nuvola di saggezza. Stringeva i palmi a sé per dirci, senza una parola, che eravamo genitori e le dovevamo amore e rispetto. Non voleva farci cambiare idea o farci tornare insieme, era avanti anni luce davanti alle nostre adulte miserie. Aveva il coraggio dell’amore, senza giudizio. Il coraggio di una pesca.