Dall’altra parte della barricata, a sinistra, sono tutti un po’ Marta Fascina, vedovi inconsolabili del Cavaliere. Con una differenza. Lei non riesce a elaborare il lutto ma è conscia della scomparsa e, nel giorno di quello che avrebbe dovuto essere il suo ottantasettesimo compleanno, invia a Silvio Berlusconi un messaggio struggente. Appuntamento nell’aldilà, quando «le nostre mani torneranno a congiungersi e noi torneremo a essere nostri per l’eternità», scrive la quasi moglie da Arcore, che non riesce a lasciare causa eccesso di sofferenza, malgrado gli inviti dei famigliari del proprietario di casa e dei colleghi parlamentari azzurri a tornare alla vita attiva. Loro sono sicuramente meno disperati, ma ancora non hanno realizzato che lui non c’è più; e se per caso se ne ricordano, subito cercano di riesumarlo. «È tornato» titolava ieri il Fatto Quotidiano in apertura, polemizzando su un voto in Commissione Giustizia per ripristinare la prescrizione. Ma per Marco Travaglio non se ne è mai andato, visto che a cadavere caldo ha dato alle stampe Il santo, manuale di memorie artefatte per evitare il berlusconismo anche se Berlusconi non c’è più. Ma siccome, per dirla con Giorgio Gaber, il Berlusconi in se stessi ce l’hanno tutti, soprattutto chi lo ha combattuto, riconoscendovisi solo in versione meno dotata, l’impresa è impossibile.
«Straordinario imprenditore, indiscusso leader della politica italiana e mondiale, re della comunicazione, campione dello sport», c’è più realismo e moderazione nella commemorazione di Marta cuore infranto piuttosto che nei ritrattini ingenerosi che certi vedovi inconsolabili fanno ancora oggi di Berlusconi. Quando morì, Silvio ottenne una settimana scarsa di tregua mediatica, poi ripartì il treno delle accuse diffamatorie, al punto che dovette intervenire la figlia Marina con quel «mio padre perseguitato anche da morto», per tacitare i tentativi di legarne la figura alle stragi di mafia del 1993 in Italia. È buona creanza, con il trapasso, deporre le armi. Lo Stato ha interrotto i processi perfino a Matteo Messina Denaro, dopo la sua morte. Craxi, Andreotti, Napolitano, Berlinguer: peccati ed errori politici finiscono in cavalleria e la figura viene trasfigurata dal trapasso. Con Silvio non succede, e non succederà. Perché ha lasciato un’eredità imparagonabile rispetto agli altri. È il fondatore del centrodestra moderno, quello che è stabilmente maggioranza in Italia, l’unico ostacolo sulla via del potere per la sinistra, costretta ad accedere al governo per giochi di Palazzo più frequentemente di quanto non accada per scelta degli elettori.
C’è una coazione a ripetere. I dem sono fuori dalla stanza dei bottoni, come quando c’era il Cav, battuto solo da Prodi, che non era dem e infatti veniva sistematicamente sgambettato dalla sinistra in un paio d’anni. Silvio è morto ma lo schema anti-Silvio, il solo che la sinistra sa giocare, è vivo. Spread, delazioni, accuse di non essere all’altezza, pericolo fascista lo dicevano anche di Berlusconi -, tutto vale per fare cadere il governo e insediare un tecnico che distribuisca posti di potere a chi non riesce a guadagnarseli. Solo che oggi il quadro è diverso. La Meloni guida quello che senz’altro è l’erede del centrodestra di Berlusconi e si è spostata dalla destra verso posizioni più tradizionalmente conservatrici ma non è un’imprenditrice, non ha harem, non ha conflitti d’interesse, non è ciarliera e dialetticamente provocatoria quanto Silvio e non è attaccabile giudiziariamente; e allora torna buono far finta che il Cavaliere ci sia ancora per processare la sua creatura postuma con gli stessi argomenti che venivano usati contro il fondatore. È la tragica vocazione distruttiva della sinistra italiana. Che perde, si auto-analizza, si batte il petto riconoscendo che la lotta corpo a corpo con l’avversario l’ha logorato e le ha impedito di sviluppare una politica proattiva, occupata solo a remare contro, ma poi ricomincia a fare l’unica cosa di cui è capace: salire sul piedistallo che si è costruita da sé e sparare giudizi, con sempre meno claque ad ascoltarla. Con gli attacchi postumi a Berlusconi e il forzato parallelismo tra questo governo e quelli del Cav, tra oggi e il 2011, anno del ribaltone, siamo alla farsa. Che almeno strappa un sorriso in un giorno altrimenti triste: oggi è il primo compleanno di Berlusconi senza di lui, ma c’è ancora chi vuol fargli la festa.