C’è una sinistra che strizza l’occhio ai violenti per poi gridare alla repressione se le forze dell’ordine li arginano. Martedì a Torino ci sono state tre ore di corpo a corpo tra la polizia e trecento giovani che volevano impedire a Giorgia Meloni di intervenire al Festival delle Regioni, al Teatro Carignano. I manifestanti pressavano, gli agenti hanno faticato a contenerli e ci sono stati scontri, con feriti leggeri da ambo le parti. La protesta è stata organizzata dal centro sociale Askatasuna, area sinistra anarchica, e ha radunato esponenti di Potere al Popolo, studenti militanti e la solita umanità proto-rivoluzionaria.
Quello che inquieta non sono tanto i facinorosi della piazza, macchiette che hanno sbagliato epoca e sognano la gioventù violenta dei loro nonni, negli anni Settanta. È la difesa che ne fanno gli intellettuali d’area che turba e ricorda antichi abbagli e giustificazionismi della sinistra che fu. Daniela Preziosi, penna di punta del Domani, ha parlato di «mattanza di ragazzi», la scrittrice Chiara Valerio ha detto che «si picchia chi dissente» mentre la collega Viola Ardone ha tuonato «giù le mani dai nostri ragazzi». Elena Lowenthal e Concita De Gregorio, sui giornali del gruppo Gedi, Stampa e Repubblica, hanno puntato l’indice sul governo: «Se tace, autorizza» e «Perché un tale dispiegamento di forze?». Cuori di mamma, per loro i violenti sono solo ragazzi e gli uomini della polizia sono come le tigri di Arkan, gente assetata di sangue innocente.
Al coro delle pie donne si sono aggiunti, immancabili, Elly Schlein e Alessandro Zan, che hanno denunciato la «sistematica repressione del dissenso» da parte del governo e lo hanno invitato a riferire in Parlamento. È illuminante vedere come i progressisti, che si vantano di essere più democratici degli altri, offrano sempre copertura politica a chi scende in piazza non autorizzato e cerca di forzare i blocchi della polizia. È curisoso che il mondo della sinistra, che si ritiene più evoluto, non riesca a civilizzare i propri giovani sostenitori, insegnandogli a rispettare le autorità e le forze dell’ordine; la qual cosa non significa rinunciare alla protesta, ma solo esprimerla con toni e modi consoni. «Non erano incappucciati e non avevano armi» è la difesa che viene fatta dei ragazzi. E grazie, non erano brigatisti; ma tra di loro c’erano dei teppisti. La cosa più preoccupante però non è che il Pd e il suo mondo di riferimento li difenda, bensì che vi si aggrappi e vi si faccia rappresentare, essendo incapace di qualsiasi opposizione costruttiva. Quei ragazzi, di estrema sinistra, non sono dem ma i dem sono messi talmente male da volerli cooptare.
Qualche malizioso potrebbe arrivare a sostenere che i dem non abbiano alcuna intenzione in realtà di civilizzare queste armate del dissenso, perché hanno interesse alla destabilizzazione del governo, quando non governano loro. I giovani violenti in piazza sono fiammelle buone per essere alimentate e creare un clima di tensione sociale da parte di un’opposizione priva di proposte pratiche e programmi spendibili e quindi portata a fondarsi sulla protesta, più eclatante e ruvida è, più è funzionale. I trecento di Torino sembravano comparse di un film storico, ambientato negli anni Settanta. Ripetevano slogan già vecchi quarant’anni fa, dando del «fascista» al governo e alla polizia. Grazie a questa piazzata il Pd, il circolino di intellettuali di riferimento e la stampa progressista hanno potuto ritirare fuori dal cassetto termini come «repressione» o «violenza di Stato» e processare l’esecutivo, il Viminale e la presidenza del Consiglio per colpe inesistenti. Tutto fa brodo per imbastire la narrazione di un governo in difficoltà e autoritario. Non fosse che, secondo le relazioni dell’intelligence degli ultimi vent’anni, il maggior pericolo per la democrazia in Italia non è rappresentato dalle forze dell’ordine, dalla destra parlamentare e neppure da quella nostalgica del Ventennio, bensì dall’estrema sinistra e dagli anarchici, vicini al centro sociale che ha organizzato la manifestazione torinese.
Un’ultima considerazione va alla rappresentazione delle forze dell’ordine, che la sinistra tratta sempre come un corpo estraneo a sé, truccando questa antipatia come difesa dei diritti dei manifestanti. La diffidenza verso le divise è una goccia che scava; la difesa della protesta violenta e la condanna di chi la osteggia finisce per essere un incitamento al non rispetto delle regole, senza preoccuparsi che in piazzala situazione debordi, anzi forse nella speranza che accada. Se, come in parte è successo martedì, qualche uomo delle istituzioni sbaglia, fa un gesto o dà un ordine di troppo, dal Pd e dai suoi satelliti scatta automatica l’accusa alle più alte sfere del governo di centrodestra, come se non si aspettasse altro. D’altronde, il rapporto difficile della sinistra con la legalità non è una novità.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.