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Daniele Capezzone, le 7 domande per Zaki

di Daniele Capezzone mercoledì 11 ottobre 2023

4' di lettura

Gentile Patrick Zaki, questo giornale si chiama Libero perché difende da sempre la libertà di tutti. Dunque, difenderemo anche la sua libertà di pensiero e di parola, senza alcuna eccezione. Difenderemo però – ce lo consenta – pure la nostra libertà: quella di dire che da sabato scorso – mentre le belve di Hamas trucidavano, rapivano, stupravano, sgozzavano, umiliavano perfino i cadaveri – le sue prese di posizione, i suoi post, i suoi tweet ci sono parsi orrendi, ambigui, furbetti.

Intendiamoci. Il governo italiano ha fatto non bene ma benissimo, a suo tempo, a battersi per la sua liberazione. Di più: ha fatto benissimo a seguire una linea diplomatica opposta a quella suggerita dai suoi amici massimalisti, che invocavano uno scontro frontale con l’Egitto dell’autocrate Al Sisi. E invece Giorgia Meloni e Antonio Tajani, con prudenza, realismo e intelligenza politica, hanno ottenuto il risultato. Nel suo interesse.

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Naturalmente, lei ha “compensato” l’impegno a suo favore dell’esecutivo italiano facendo letteralmente capriole e acrobazie per non stringere la mano al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri, e ovviamente per non farsi fotografare in loro compagnia. E come mai? Perché – diceva e faceva dire ai suoi portavoce – lei è un attivista indipendente e non vuole coinvolgimenti politici. Ah sì? Peccato che arrivato a Bologna, tra palco e piazza, fosse accanto al sindaco del Pd e alla segretaria dem Elly Schlein.

Parendole forse ancora poco, in estate si è presentato al centro sociale Labas, lo stesso che, in occasione dei funerali di Silvio Berlusconi, aveva organizzato il “B. State Funeral Party” per festeggiare la morte del Cav. Di più: il centro sociale in questione, per presentare l’incontro con lei, parlò testualmente del «primo appuntamento politico di Patrick Zaki». Ma lei - e lei è uomo d’onore – garantisce di non voler fare politica, giusto?

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SERIAL KILLER E TAGLIAGOLE

Ciò detto, le pongo qui sette domande semplici, chiare, precise.

1 -Dopo le polemiche dei giorni passati, dopo le sue soavi sortite (gli incursori palestinesi sono persone «umane», mentre Benjamin Netanyahu è un “serial killer”), lei ieri ha diffuso sui social un lungo testo. Come mai non è riuscito a scrivere le parole "terrorismo” e “terroristi” a proposito di Hamas? Aveva finito i giga? Aveva il telefono scarico? O quelle parole ha scelto volontariamente di non usarle? Nel caso, lei ritiene forse che quelli di Hamas non siano terroristi?
2 -Perché non è ancora riuscito a esprimere chiara solidarietà – senza sfumature, senza “però”, senza distinguo, senza “ma anche”, senza buttare la palla in tribuna – alle vittime israeliane? Lei usa formule vaghe: «contro qualsiasi violenza contro i civili in tutto il mondo». Molto bene: ma qui la violenza non è “qualsiasi” e non è in un’altra parte del mondo. È una specifica violenza terroristica usata dalle canaglie di Hamas contro centinaia di israeliani inermi. Che facciamo: condanniamo o fischiettiamo?
3 - Lei parla costantemente dei «civili»: bene. Ma come mai non ha saputo condannare il fatto che le bestie di Hamas si siano perfino accanite sui corpi senza vita dei militari israeliani morti? Percuotere salme inanimate, profanare e umiliare i cadaveri dei soldati, non le pare meritevole di una condanna esplicita?

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CHE C’ENTRANO I FASCISTI?

4 -Ieri ha sentito l’esigenza di farci sapere che lei è «contro il fascismo». Scusi, ma che c’entra il fascismo? Le do un’informazione: Benito Mussolini è morto nel 1945 e oggi siamo nell’ottobre del 2023, 78 anni dopo. E peraltro che c’entra il fascismo con lo Stato ebraico? O lei vuole insinuare che gli israeliani siano fascisti? Sia esplicito: lo affermi o lo neghi chiaramente, per favore. 
5 -Per aggredire verbalmente il premier israeliano, lei non ha avuto esitazioni: due parole secche, due rasoiate («serial killer»). Invece, interpellato su Hamas, dopo due-tre giorni di melina, ha cominciato a fare il giro di tutte le perifrasi e tutte le circonlocuzioni possibili, arrivando – come massimo di presa di distanza – a citare le «politiche religiose conservatrici e oscurantiste di Hamas». Quindi, ci faccia capire bene: secondo lei, non sono tagliagole, ma sono più che altro un po’ bigotti?
6 -Non abbiamo trovato accenni all’Iran, che è invece la testa del serpente. È Teheran che sostiene e sponsorizza il terrorismo internazionale. È Teheran che vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della terra. È Teheran che perseguita i dissidenti politici, le donne, gli omosessuali. Come si concilia il suo proclamato attivismo per i diritti umani con quelle orrende persecuzioni? Come mai lei non riesce a balbettare nulla su questo argomento?
7 -In un lungo e involuto passaggio del suo ultimo testo, lei si sofferma sull’impossibilità di «giudicare gli eventi attuali (...) senza inserirli in un contesto storico». Che fa, pure lei si mette a fare il “complessista”? Certo che ogni circostanza storica va collocata in un quadro, questo è ovvio: ma un conto è spiegare, altro conto è giustificare, o comunque usare la “contestualizzazione” come un escamotage per attenuare e confondere tutto. E infatti, poche righe dopo, lei, con massima ambiguità, cita «la violenza da ambo i lati», di fatto parificando uno Stato democratico (peraltro aggredito) con una banda di terroristi e tagliagole (peraltro aggressori). Queste sono le nostre domande. Come si dice in questi casi, domandare è lecito, rispondere è cortesia.

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