Gentile Patrick Zaki, questo giornale si chiama Libero perché difende da sempre la libertà di tutti. Dunque, difenderemo anche la sua libertà di pensiero e di parola, senza alcuna eccezione. Difenderemo però – ce lo consenta – pure la nostra libertà: quella di dire che da sabato scorso – mentre le belve di Hamas trucidavano, rapivano, stupravano, sgozzavano, umiliavano perfino i cadaveri – le sue prese di posizione, i suoi post, i suoi tweet ci sono parsi orrendi, ambigui, furbetti.
Intendiamoci. Il governo italiano ha fatto non bene ma benissimo, a suo tempo, a battersi per la sua liberazione. Di più: ha fatto benissimo a seguire una linea diplomatica opposta a quella suggerita dai suoi amici massimalisti, che invocavano uno scontro frontale con l’Egitto dell’autocrate Al Sisi. E invece Giorgia Meloni e Antonio Tajani, con prudenza, realismo e intelligenza politica, hanno ottenuto il risultato. Nel suo interesse.
Naturalmente, lei ha “compensato” l’impegno a suo favore dell’esecutivo italiano facendo letteralmente capriole e acrobazie per non stringere la mano al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri, e ovviamente per non farsi fotografare in loro compagnia. E come mai? Perché – diceva e faceva dire ai suoi portavoce – lei è un attivista indipendente e non vuole coinvolgimenti politici. Ah sì? Peccato che arrivato a Bologna, tra palco e piazza, fosse accanto al sindaco del Pd e alla segretaria dem Elly Schlein.
Parendole forse ancora poco, in estate si è presentato al centro sociale Labas, lo stesso che, in occasione dei funerali di Silvio Berlusconi, aveva organizzato il “B. State Funeral Party” per festeggiare la morte del Cav. Di più: il centro sociale in questione, per presentare l’incontro con lei, parlò testualmente del «primo appuntamento politico di Patrick Zaki». Ma lei - e lei è uomo d’onore – garantisce di non voler fare politica, giusto?
SERIAL KILLER E TAGLIAGOLE
Ciò detto, le pongo qui sette domande semplici, chiare, precise.
1 -Dopo le polemiche dei giorni passati, dopo le sue soavi sortite (gli incursori palestinesi sono persone «umane», mentre Benjamin Netanyahu è un “serial killer”), lei ieri ha diffuso sui social un lungo testo. Come mai non è riuscito a scrivere le parole "terrorismo” e “terroristi” a proposito di Hamas? Aveva finito i giga? Aveva il telefono scarico? O quelle parole ha scelto volontariamente di non usarle? Nel caso, lei ritiene forse che quelli di Hamas non siano terroristi?
2 -Perché non è ancora riuscito a esprimere chiara solidarietà – senza sfumature, senza “però”, senza distinguo, senza “ma anche”, senza buttare la palla in tribuna – alle vittime israeliane? Lei usa formule vaghe: «contro qualsiasi violenza contro i civili in tutto il mondo». Molto bene: ma qui la violenza non è “qualsiasi” e non è in un’altra parte del mondo. È una specifica violenza terroristica usata dalle canaglie di Hamas contro centinaia di israeliani inermi. Che facciamo: condanniamo o fischiettiamo?
3 - Lei parla costantemente dei «civili»: bene. Ma come mai non ha saputo condannare il fatto che le bestie di Hamas si siano perfino accanite sui corpi senza vita dei militari israeliani morti? Percuotere salme inanimate, profanare e umiliare i cadaveri dei soldati, non le pare meritevole di una condanna esplicita?
CHE C’ENTRANO I FASCISTI?
4 -Ieri ha sentito l’esigenza di farci sapere che lei è «contro il fascismo». Scusi, ma che c’entra il fascismo? Le do un’informazione: Benito Mussolini è morto nel 1945 e oggi siamo nell’ottobre del 2023, 78 anni dopo. E peraltro che c’entra il fascismo con lo Stato ebraico? O lei vuole insinuare che gli israeliani siano fascisti? Sia esplicito: lo affermi o lo neghi chiaramente, per favore.
5 -Per aggredire verbalmente il premier israeliano, lei non ha avuto esitazioni: due parole secche, due rasoiate («serial killer»). Invece, interpellato su Hamas, dopo due-tre giorni di melina, ha cominciato a fare il giro di tutte le perifrasi e tutte le circonlocuzioni possibili, arrivando – come massimo di presa di distanza – a citare le «politiche religiose conservatrici e oscurantiste di Hamas». Quindi, ci faccia capire bene: secondo lei, non sono tagliagole, ma sono più che altro un po’ bigotti?
6 -Non abbiamo trovato accenni all’Iran, che è invece la testa del serpente. È Teheran che sostiene e sponsorizza il terrorismo internazionale. È Teheran che vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della terra. È Teheran che perseguita i dissidenti politici, le donne, gli omosessuali. Come si concilia il suo proclamato attivismo per i diritti umani con quelle orrende persecuzioni? Come mai lei non riesce a balbettare nulla su questo argomento?
7 -In un lungo e involuto passaggio del suo ultimo testo, lei si sofferma sull’impossibilità di «giudicare gli eventi attuali (...) senza inserirli in un contesto storico». Che fa, pure lei si mette a fare il “complessista”? Certo che ogni circostanza storica va collocata in un quadro, questo è ovvio: ma un conto è spiegare, altro conto è giustificare, o comunque usare la “contestualizzazione” come un escamotage per attenuare e confondere tutto. E infatti, poche righe dopo, lei, con massima ambiguità, cita «la violenza da ambo i lati», di fatto parificando uno Stato democratico (peraltro aggredito) con una banda di terroristi e tagliagole (peraltro aggressori). Queste sono le nostre domande. Come si dice in questi casi, domandare è lecito, rispondere è cortesia.