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Il Fmi vuole l'eco-stangata: tasse al posto degli incentivi

di Sandro Iacometti venerdì 13 ottobre 2023

L'ombra lunga del Fmi

3' di lettura

Era ora. Finalmente se n’è accorto anche il Fondo monetario internazionale. Sentite qua: «Diverse economie stanno perseguendo la riduzione delle emissioni facendo molto affidamento su misure di spesa, come ad esempio un aumento degli investimenti pubblici e dei sussidi per l'energia rinnovabile. Le politiche per ridurre le emissioni sono le benvenuti, però in alcuni casi comportano grandi spese fiscali, mettendo il debito su un percorso insostenibile». Chiaro e condivisibile. L’ossessione green sta facendo esplodere i bilanci degli Stati. Ed è una cosa che non ci possiamo permettere, visto che, come sostiene sempre il Fondo, «il debito pubblico globale è ora sostanzialmente più alto e si prevede che cresca molto più rapidamente rispetto alle proiezioni pre-pandemiche. Al ritmo previsto, il rapporto debito pubblico globale si avvicinerà al 100% del PIL entro la fine del decennio».

Insomma, finalmente un po’ di buon senso, un po’ di sano realismo. Unito alla considerazione, per certi aspetti consolatoria, che l’Italia non è proprio la pecora nera mondiale dell’indebitamento, visto che il pianeta sta correndo nella nostra direzione. Purtroppo, non è affatto finita qua. Già, perché l’allarme lanciato dal Fondo monetario sull’esplosione dei debiti pubblici a causa della transizione ecologica non significa che quest’ultima debba essere frenata, riconsiderata o temporaneamente accantonata. Tutt’altro, figuriamoci. Sulla lotta al cambiamento climatico bisogna, invece, perseverare e insistere. Solo che non dovranno più essere gli Stati a pagare, ma direttamente i privati cittadini. Non ci credete? Ecco la soluzione proposta dall’Fmi. «La tassazione del carbonio (carbon tax) è di gran lunga lo strumento più efficace ed è una parte molto importante di un mix di politiche che può essere sostenibile» per le finanze pubbliche, ha spiegato il responsabile della politica fiscale del Fondo, Vitor Gaspar, sottolineando che «se le emissioni di carbonio sono tassate in modo appropriato, la capacità di mobilitare i finanziamenti del settore privato aumenta in modo significativo».

IMPOSTE VERDI
Avete capito bene. Siccome la spesa pubblica mondiale sta lievitando troppo a causa degli incentivi alle fonti pulite e alle risorse stanziate per aiutare le aziende a restare competitive rispetto a mercati che se ne fregano di ridurre le emissioni, allora facciamo in modo che le imprese se la cavino da sole, con una bella tassa che scoraggi comportamenti ecologicamente sgraditi. Ecco il ragionamento: se non si procede così, ha detto Gaspar, «il debito pubblico, già particolarmente elevato in quasi tutto il mondo, potrebbe aumentare dal 45 al 50% del Pil entro il 2050. Al contrario, l'introduzione di una politica ambientale che incorpori una tassa sul carbonio ridurrebbe significativamente gli effetti a lungo termine sulle finanze pubbliche, con un aumento del debito solo del 12-15% del Pil nello stesso periodo».

Resta solo da capire come le nostre imprese, che già faticano ora, riusciranno a tenere il passo di quelle dei Paesi emergenti che non devono rispettare limiti o vincoli relativi alle emissioni di Co2. E resta da capire anche cosa accadrà ai debiti pubblici nel momento in cui le economie, con le imprese al palo, inizieranno ad innestare la retromarcia, soffocando quella crescita del Pil che, come sanno anche i bambini, è l’unico antitodo efficace all’indebitamento. Quanto al ruolo dei privati nel raggiungimento degli obiettivi climatici, ovviamente, non pensate che la faccenda riguardi solo le imprese. Oggi la Ue tenterà in tutti modi di far passare la direttiva sulle case green, costituirà una mazzata devastante per oltre la metà dei proprietari italiani di case, che dovranno adeguare le proprie abitazioni ai nuovi parametri. Qualcuno diceva che la transizione ecologica non è un pranzo di gala. Invece è esattamente così. Solo che siamo noi a dover pagare il conto. 

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