Viviamo in un Paese anti -semita e anti -occidentale, perché le due cose vanno di pari passo. Ce lo ha rivelato la mattanza di innocenti israeliani, anche bambini, strappati dai loro letti e mcellati dai terroristi di Hamas sabato scorso. Certo, dall’Italia si è levato un coro di condanna al massacro, ma è stato tutt’altro che unanime: sono emersi anche tanti distinguo, precisazioni, accuse allo Stato ebraico. Cose del tutto fuori contesto, provenienti per lo più da sinistra. E anche quando si è dimostrata solidale, la sinistra non lo ha mai fatto al cento per cento, come dimostrano le città che amministra, le quali non se la sono sentita di esporre solo la bandiera di Israele sui muri dei palazzi comunali, l’hanno dovuta accompagnare con quella della pace; evidentemente non si sentono rappresentati dal vessillo del popolo martire, non c’è sufficiente fratellanza.
Il cancelliere tedesco Olaf Sholz ha dichiarato che la difesa di Israele è la ragion di Stato della Germania e lo sarà per sempre, perché lo impone la storia. Buona parte del nostro mondo progressita non ha imparato la lezione dell’Olocausto di ottant’anni fa né quella tedesca di oggi. Denunciale leggi razziali fasciste ma è molto più anti-semita di quanto non lo siano mai stati gli italiani del Ventennio. Semina zizzania, insinua dubbi, spiana la strada a chi tifa per il terrorismo islamico.
CHE BRUTTO TEMPO FA
Gli esempi si sprecano. Partiamo da Patrick Zaki, che ha definito Bibi Nethanyahu «un serial killer» e ha detto che il dramma di questi giorni è una conseguenza delle politiche di Israele. Sul riccioluto egiziano, che Elly Schlein ha accolto come il Messia dopo che il governo Meloni lo ha liberato a caro prezzo, la più seria a sinistra è stata la comica Luciana Littizzetto, che ha spiegato che l’invito del giovane alla prima puntata del programma di Fabio Fazio è saltato perché «inopportuno». Sarà sostituito da Lilliana Segre, monumento vivente ai dolori del popolo ebraico, quasi i due fossero figurine intercambiabili. Che brutto tempo che fa, specie se si pensa che c’è chi ha fatto ben di peggio.
I giornalisti di Repubblica si prestano a fare da valletti allo scrittore presunto e anti-semita certo, accompagnandolo per l’Italia nel tour di presentazione del suo libro. Un testo dove Zaki racconta le sue prigioni e che gli è valso l’invito al Festival del Libro di Torino. L’appuntamento era previsto all’Arsenale della Pace, che però per coerenza semantica si è rifiutato di ospitare un guerrafondaio. Si è prestato allora il club Hiroshima Mon Amour, fin dal nome più in sintonia con il ragazzo. Gente di estrema sinistra. Una bestialità atomica a cui gli organizzatori del Salone si sono prestati. Speriamo che dalla città di Primo Levi non si levino, grazie a Zaki, altre parole anti-semite; se questo è uno scrittore...
Peggio dei saltimbanchi della tv e dei circoli culturali hanno fatto i sindaci rossi. Con Milano capitale, dove l’inopportuno Beppe Sala ha litigato con Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah, che lo ha rimproverato per non aver avuto il coraggio di esporre fuori dal Comune la sola bandiera di Israele. «Mi critica perché è di destra» ha replicato il sindaco, che tollera in città un murales con Giorgio Perlasca, il salvatore di ebrei, a fianco a Zaki, l’odiatore. Evidentemente per il primo cittadino Israele è di destra; e Hamas, forse di sinistra? Di certo la giunta cittadina non è neppure riuscita a condannare gli studenti del liceo Manzoni che avevano scritto sui muri della scuola «com’è bello vedere Tel Aviv bruciare».
La loro parte, nel seminare odio contro Israele, la fanno anche i giornalisti cosiddetti d’area. Clamoroso Piero Sansonetti, direttore dell’Unità, che paragona nei metodi i terroristi di Hamas all’esercito israeliano. Ma è in buona compagnia. In questi giorni si sono sprecate analisi sulle inadeguatezze di Netanyahu. Ci sono senza dubbio; solo che da più parti si è arrivato a indicarlo come il responsabile dell’eccidio, anziché il capo delle vittime.
Le televisioni poi si contendono Elena Basile, ex aspirante ambasciatrice che si rammarica perché ci sono pochi ostaggiamericani e sottolinea la sproporzione di armamenti tra Israele e i terroristi, senza soffermarsi che quel che conta è come usi le armi: per difenderti o per sgozzare bambini? Immancabili il professor Alessandro Orsini e il viaggiatore Alessandro Di Battista. Il primo invita la Meloni a non solidarizzare troppo con Israele, per non correre rischi, ed esorta lo Stato Ebraico a non difendersi, per evitare che il conflitto degeneri. Per il secondo le vittime sono comunque i palestinesi e i cattivi sempre gli occidentali. I due vengono usati come macchiette, ma lo stesso qualcuno finisce sempre per credergli.
TRE MOZIONI
Alle Brigate anti-ebraiche vanno aggiunti anche, seppure non con i gradi di ufficiale, il capo grillino Conte, più preoccupato dalla reazione di Israele che dall’aggressione delle belve di Hamas, e la sinistra che sulla mattanza ha fatto tre mozioni diverse pur di non aderire a quella del governo. Il distinguo sembra d’obbligo per questi saggi progressisti che ricordano i teologi di Costantinopoli. Quelli che nel 1453 discutevano del sesso degli angeli con i mori alle porte. La città cadde e loro finirono tutti sgozzati. Ecco, la sinistra che tifa, comprende, analizza, perdona Hamas ricorda quei vecchi fessi. Non ha capito che in ballo non ci sono questioni filosofiche o il senso universale della giustizia, ma la sopravvivenza di Israele, che è quella di tutto l’Occidente. Dopo di loro, i prossimi saremmo noi.