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Daniele Capezzone: il Pd in piazza con i soliti slogan da liceali

di Daniele Capezzone domenica 12 novembre 2023

3' di lettura

 Ma quindi, di preciso, che vuole il Pd? Ieri pomeriggio si è svolta un’annunciatissima quanto politicamente sfocata manifestazione di piazza, e già ieri mattina erano uscite in edicola due pagine di intervista a Repubblica di Elly Schlein: il tutto con la spiacevole sensazione, alla fine della fiera, di non aver percepito né una parola nuova né uno straccio di proposta, o almeno una direzione di marcia, qualcosa di minimamente e letteralmente “costruttivo”, cioè volto a dare corpo a un’alternativa rispetto al governo. Tutto rimane avvolto in una vaghezza lagnosa da assemblea del liceo: un po’ di pace, un po’ di giustizia sociale, «un futuro più giusto per le persone e il pianeta», il no «alla precarietà e allo sfruttamento», oltre alla consueta nenia autoipnotica sulle «discriminazioni contro le donne, le persone migranti, le persone lgbtq+».

Verrebbe da ripetere la domanda iniziale: e quindi, compagni, che volete? Perché un deluso di sinistra rimasto a casa alle politiche di settembre ’22 dovrebbe tornare a mobilitarsi? Cosa c’è che faccia battere i cuori, che possa emozionare? Cosa c’è che seduca le intelligenze, che spiazzi, che incuriosisca? La risposta è: no, non c’è niente. Se non cose già sentite mille volte, l’eterno ritorno del sempre uguale, se possibile più stanco e ripetitivo del solito.


BILANCIO FALLIMENTARE
A ben vedere, la dura realtà con cui la sinistra e tutte le opposizioni dovrebbero fare i conti è che il loro bilancio politico è disastroso. Pur in presenza di una congiuntura oggettivamente delicata e sfavorevole per l’esecutivo (due guerre, un evidente rallentamento dell’economia, una spinta riformatrice non particolarmente robusta), le tre minoranze non sono minimamente riuscite a far tesoro della situazione. Il terzo polo di Renzi e Calenda è imploso, come si sa. Quanto a Pd e M5S, il massimo che hanno saputo realizzare finora è una competizione al ribasso per contendersi i voti già esistenti (con piccoli periodici travasi da una formazione all’altra), ma senza riuscire ad allargare il perimetro del consenso, con una somma complessiva dei voti che resta sempre quella, inchiodata a un dato (il 36% circa) lontanissimo dalla somma di Fdi-Lega-Fi.

Non solo: fino alle Europee di giugno, per evidenti ragioni di piccolo cabotaggio elettorale, Schlein e Conte alterneranno giornate di convergenza (è stato il caso di ieri, con dichiarazioni concilianti di Giuseppe Conte, presente in piazza come anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni) e altrettanto frequenti rivendicazioni di diversità per non farsi sottrarre qualche decimale di punto. Risultato? Checché dica la Schlein, la loro alternativa comune non c’è, non esiste, non la riconosce nessuno come un fatto politico credibile. Il recente dibattito parlamentare sulla guerra ha impietosamente svelato le differenze: da parte delle opposizioni sono stati presentati quattro diversi documenti al Senato e addirittura sei alla Camera. Altro che coesione.
Così, pure l’elettore ipoteticamente più lontano dalla Meloni potrà - per dire - detestare il governo, criticarne la linea e le persone: ma ben difficilmente potrà credere alla favoletta di uno schieramento alternativo effettivamente pronto a candidarsi a governare l’Italia.


TUTTO SUL REFERENDUM M
orale: in mancanza di una bussola, di un’identità riconoscibile, di un ubi consistam politico, cosa dobbiamo attenderci dalle opposizioni? Il finale del film è scontatissimo: tutte le fiches saranno puntate sul referendum costituzionale del 2025 gridando contro un’inesistente stretta autoritaria. Un’opposizione intelligente - al contrario proverebbe a evidenziare criticamente il carattere fin troppo blando della riforma proposta dal governo, infilandosi nel varco tra la promessa di grande cambiamento fatta agli italiani e un ddl governativo per certi versi eccessivamente timido. Ma questo significherebbe fare politica. Ciò che invece importa ai nuovi autoproclamati “resistenti” è trovare un ombrello che copra le loro contraddizioni e che alimenti la narrazione sulle «destre pericolose» (mi raccomando, declinate al plurale, così fanno più impressione). Ancora una volta, si tratta di propaganda sterile e francamente stucchevole. Alla politica e all’Italia penseranno un’altra volta, forse. 

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