Nell’oggettiva difficoltà di dedicare una mostra “visiva” a uno scrittore -non c’è niente di più antispettacolare della letteratura, bisogna quindi uscire dal puro dominio della parola per ottenere un risultato- la monografica su J.R.R. Tolkien approdata alla Galleria Nazionale di Roma fino al prossimo 11 febbraio è organizzata in densi capitoli che appassioneranno il filologo, il ricercatore, l’appassionato e il fan di quel libro saldamente ancorato all’imagerie popolare: Il Signore degli Anelli. Bisogna prendersi il tempo necessario per guardare e leggere questa esposizione, soffermandosi ove possibile sulle didascalie che saranno scritte in piccolo -ahi, noi dell’arte siamo ipovedenti, proprio non lo capiscono gli allestitori da 10 decimi- ma rivelano la complessità di un personaggio che è contemporaneamente uomo, professore e autore.
Quella di JRR Tolkien è una storia familiare. Nato nel 1892 in Sudafrica nello Stato Libero dell’Orange, di origini prussiane, si trasferisce da bambino nell’Inghilterra vittoriana, cresciuto dalla madre Mabel per la morte repentina del padre. Ad appena sedici anni conosce la donna della sua vita, Edith Mary Bratt: si innamorano, si fidanzano, si sposano nel 1916. Dalla coppia nasceranno quattro figli e l’impegno di crescere una ricca prole non entra mai in conflitto con la professione di docente e scrittore, è lo stesso Tolkien a ribadire spesso quanto desiderasse stare insieme ai ragazzi e alla moglie, non solo nel tempo libero.
Professore appunto, e aveva il perfetto phsyique du role: giacca di tweed, capelli radi, occhi celesti, Tolkien ha dedicato tanti anni alla carriera accademica, risultando tra i più amati insegnanti dell’Università di Leeds, poi al Pembroke College di Oxford. Stabilitosi nel quartiere borghese di Sommertown, risolti gli iniziali problemi economici, Tolkien rafforza l’attività di filologo studioso e “diventa” uno scrittore: Lo Hobbit, un racconto pensato per il divertimento dei suoi figli, viene pubblicato nel 1936, nel 1954 il primo tomo del Signore degli Anelli. E qui la mostra si apre nella declinazione che più ci aspettavamo, quella di un autore completamente oltre la cosiddetta letteratura alta, che non solo si può considerare caposcuola del genere Fantasy, mala cui invenzione principale si è estesa all’intero scibile umano, toccando il costume, la società, lo spettacolo, l’intrattenimento e come sappiamo bene la politica.
Impressionante il colpo d’occhio sulle migliaia di edizioni del Signore degli Anelli tradotto in tutte le lingue del mondo, l’albero genealogico dei personaggi e le infinite filiazioni che hanno interessato in particolare le arti grafiche. Tolkien, in Italia al centro del dibattito dal 1970, tre anni prima della morte, ha prodotto il tolkenismo, ovvero la miriade di interpretazioni possibili di un testo leggendario proprio per la sua complessità e articolazione. Rubando l’espressione a Franco Moretti, Il Signore degli Anelli potrebbe essere catalogata come “opera mondo”, cioè sfuggente a qualsiasi catalogazione e definizione.
Le illustrazioni, i quadri, i disegni, ispirati al mondo tolkeniano sono un piacere per gli occhi. Alcune immagini nascono suggestive e libere, altre ne hanno accompagnato la fortuna editoriale, penso alle tavole di Piero Crida per Rusconi. Tra le mille curiosità c’è persino un album di Zerocalcare, non so quanto tolkeniano, ma questa è la libertà e l’intelligenza dei curatori, che peraltro hanno giustamente ricordato il primo film d’animazione di Ralph Bakshi tratto dal Signore degli Anelli uscito nel 1978, molto prima dell’epopea di Peter Jackson. Ci accompagnano verso il finale le parole di tanti testimonial amatori e fanatici della Terra di mezzo: l’amico scrittore C.S. Lewis, Paul e Ringo dei Beatles, Stephen King, Franco Battiato, re Carlo III, papa Francesco. La mostra lascia aperti diversi interrogativi, primo dei quali: a chi appartiene Tolkien? Non è una questione politica ma di valori, si sentirà a lui vicino chi rifiuta la società contemporanea che appiattisce tutto in un nichilismo indistinto, come sottolineato dal ministro Gennaro Sangiuliano, intervenuto all’inaugurazione dopo aver accompagnato la premier Giorgia Meloni nel primo pomeriggio a una visita privata. Tolkien, fortemente identitario, difende nei suoi libri l’idea di comunità, solidarietà, centralità dell’umano e su tali concetti ha radunato e continua a radunare tanti giovani desiderosi di andar controcorrente e mai farsi appiattire. Nota a margine. La mostra della Galleria Nazionale è costata 250mila euro, un conto economico piuttosto contenuto, dimostrazione che si possono fare operazioni culturalmente rilevanti senza spendere una fortuna. Atteggiamento virtuoso, una gran novità rispetto al recente passato contrassegnato da tanto spreco.