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Luca Beatrice: L'esorcista continua a fare paura, siamo posseduti da mezzo secolo

di Luca Beatrice mercoledì 27 dicembre 2023

4' di lettura

Uscito in America il giorno di Santo Stefano di cinquant’anni fa, L’esorcista rimane ancora oggi il film dell’orrore, seppur assai particolare e oltre gli schemi consueti di un genere considerato minore dalla critica, entrato a pieno titolo nel mainstream. Oltre ai numeri, 233 milioni incassati negli USA, 440 nel mondo, 2 Oscar su 10 candidature, 4 Golden Globe, i sequel, la versione integrale, le parodie comiche, la serie tv, L’esorcista coincide con un fenomeno sociale che nei primi anni ’70 vede la chiesa scontrarsi con il male, accettare il lato oscuro, scoprire il dolore.

Accanto a un Dio meno forte che in altri tempi, c’entra forse un papato debole e poco popolare, sale di considerazione il demonio, Satana, l’altra faccia della medaglia, durissimo da sconfiggere se non riscoprendo certa ritualità pagana, atti che il dogma non riconosce e non tollera ma che in alcuni casi sono l’unica strada per liberarsi dalle presenze luciferine.

La prima ragione del successo sta nel regista, William Friedkin, uno dei più grandi autori di cinema classico, scomparso lo scorso agosto, che nel 1973 aveva già all’attivo cinque ottimi film, tra cui il primo Braccio violento della legge (The French Connection), uscito nel 1971. L’esorcista è tratto da un romanzo di William Peter Blatty, scrittore, sceneggiatore, regista e produttore, che si ispirò a un presunto caso di una quattordicenne del Maryland che, all’inizio degli anni ’40, si pensava fosse stata posseduta.

Quando il libro uscì nel 1971 il tema dell’esorcismo sollevava imbarazzi nella chiesa che lo considerava pura superstizione, neppure si fosse tornati nel medioevo. E invece ciò che non si riesce a spiegare né con la scienza né con la fede, quel che finisce nell’ambito del paranormale, affascina persino i più rigorosi osservatori della fede, e così il romanzo di Blatty, che nel frattempo divenne produttore esecutivo del film, risultò il best-seller assoluto degli anni ’70.

LA COINCIDENZA
Protagonista Linda Blair, l’attrice bambina all’epoca quattordicenne, nel film sembra però più giovane, nella parte di Regan, dove la ragazzina fu sottoposta a prove durissime e diversi incidenti sul set. Curiosamente, il suo esordio coincide con quello di Linda Lovelace nel cinema porno con Gola Profondahard core e horror si somigliano, perché la trama per rientrare nei reciproci generi deve essere costellata da un certo numero di sequenze standard per eccitare o provocare paura- ed entrambe le attrici sono state prigioniere del ruolo d’esordio il cui successo non riuscirono più a ripetere. Al suo fianco nel ruolo della madre Ellen Burstyn, mentre Jason Miller è padre Damien Karras, il prete anticonformista, il solo a capire l’entità del problema. Nonostante il titolo del film, il ruolo dell’esorcista tarda a entrare in scena, anche se lo fa magistralmente con la presenza del grande Max Von Sydow, attore bergamaniano, più tardi noto in Italia per aver lavorato con Rosi e Zurlini.

La paura arrivava sullo schermo, ancor prima delle immagini, con i suoni. Friedkin decise di utilizzare la prima traccia di Tubular Bells del compositore britannico Mike Oldfield, autore di un ambizioso concept album d’esordio. L’originalissimo attacco del pezzo divenne così famoso da ottenere anch’esso un successo mondiale quando Oldfield aveva appena vent’anni e che, nonostante una carriera di tutto rispetto, non riuscì mai più a eguagliare, anzi divenne più famosa la sorella Sally. Il consenso popolare di un’opera passa anche dalla possibilità di riderci sopra e nel 1975 uscì in Italia un film sgangherato, L’esorciccio diretto da Ciccio Ingrassia senza Franco Franchi ma con Lino Banfi.

È soprattutto la cultura del sud a riscoprire la ritualità dell’esorcismo per scacciare il demonio dal corpo di persone strane, violente, tarantolate, che straparlano come la Regan dell’Esorcista e infatti nel 2017 sarà ancora Friedkin a mettersi sulle tracce di padre Gabriele Amorth, «il più noto cacciatore di diavoli di questo secolo», non proprio in linea con le direttive vaticane, e di Cristina, un’architetta di Roma, indemoniata, sua paziente, tenuta prigioniera da diavoli e satanassi. Questo docufilm intitolato The Devil and Father Amorth, presentato alla mostra del cinema di Venezia, rivela un numero impressionante di 500mila italiani che vengono esorcizzati ogni anno, quasi sempre appartenenti a classi sociali non acculturate.

RICERCA OSSESSIVA 
È stata dunque una ricerca ossessiva da parte di Friedkin sul tema, che non ha mai smesso di interessarlo neppure dopo il planetario successo del film, arrivato in Italia poco dopo, nel settembre del 1974, con meno problemi rispetto all’America dove fu vietato ai minori di anni 17. Da noi, invece, il divieto fu più blando, anni 14, e io riuscii a vederlo in un cinema di Torino dove allora erano previsti pure i posti in piedi, grazie a mia madre che mi spinse all’interno incurante dei sospetti della cassiera. Inutile dire che la notte non riuscii a dormire, così come tutte le altre volte che ho rivisto L’esorcista, nella versione director’s cut del 2000 o in tv (al momento è disponibile su diverse piattaforme, Sky, Amazon, Apple). Da mezzo secolo quel film continua a far una paura mostruosa, a testimonianza che per l’orrore non c’entrano effetti speciali, sgozzamenti, scene sanguinolente, ma quel male inarrestabile che entra dentro dite e ti domina perché non riesci in alcun modo a fermarlo. 

L’esorcista è oggi un super-classico che scavalca il genere e si può analizzare come una pellicola d’autore che ha rovesciato i clichè. La testa di Regan che gira come una trottola, il vomito verde, la voce cavernosa del demonio fanno ridere? No, è solo terrore puro, ridi per esorcizzare il male che invece è lì e non se ne andrà.

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l'esorcista

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