Correva il 1986 quando Palazzo Grassi a Venezia ordinò la spettacolare mostra Futurismo & Futurismi per la cura dello storico svedese Pontus Hulten. A breve saranno dunque quarant’anni dalla piena riscoperta del primo movimento d’avanguardia europeo, che per alcuni decenni fu messo in disparte dalla critica marxista postbellica a causa degli eventuali rapporti di natura ideologica con il regime fascista. Mentre in Italia alcuni valentissimi accademici, tutti di sinistra, come Enrico Crispolti, Maurizio Calvesi, Maurizio Scudiero, Claudia Salaris, hanno implementato gli studi futuristi cogliendo la molteplicità teorica e pratica del Movimento, all’estero si sono sempre fatti una gran risata su eventuali implicazioni, considerandone invece l’assoluta primogenitura sull’avanguardia internazionale. Poiché le date non mentono mai, il primo Manifesto Futurista fu pubblicato nel febbraio 1909 su “Le Figaro”, quando Mussolini era ancora un giovane socialista che si stava scoprendo su posizioni nazionaliste.
ESORDIO SU LE FIGARO
Filippo Tommaso Marinetti, più anziano di lui, era già molto famoso in Italia, alla pari di Gabriele D’Annunzio: due artisti che avrebbero sognato di diventare leader della Nazione, e siccome l’arte ha un linguaggio che vola più in alto della politica, le loro metafore, il ricorso al simbolo, a immagini altisonanti fu carattere poetico che li accomunava. Una di queste bellissime frasi marinettiane, “ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle”, citata ieri l’altro da Tommaso Foti deputato di FdI, venne posta come chiusura del suddetto Manifesto, a suggellare la prima fase interventista, movimentista, avanguardista del Futurismo. Fase che si esalta negli anni del primo conflitto mondiale e che anticipa, simbolicamente, la chiusura nel 1916 con la morte di Umberto Boccioni. Il fascismo è ben lungi da arrivare, mancano ancora diversi anni, e questo lo dovrebbe sapere anche uno storico preparato come Tomaso Montanari, che invece lo confonde con il Secondo Futurismo, quello dei tardi anni ’20, semmai espressione dell’arte di regime con l’aeropittura, in tal caso propagandismo regionalista seppur a tratti molto interessante, a fianco del Muralismo sironiano poi negli anni ’30.
Nella stucchevole polemichetta paraculturale di San Silvestro va innanzitutto sottolineata la confusione cronologica, segno di evidente pressapochismo, che sfocia nella ennesima demonizzazione del Futurismo. Strano per chi in Italia si è sempre detto depositario della cultura commettere ingenuità così gravi: chiunque conosce l’arte sa che Marinetti, Boccioni, Balla, Russolo sono capisaldi dell’avanguardia europea, adorati in America, persino precursori del Futurismo sovietico e del Suprematismo post 1917, quando in Russia arrivò il comunismo (anche questo, prima del fascismo). Se farsi ridere dietro è prerogativa di questi tupamaros ignoranti, bisognerebbe però suggerire ad altri, ove possibile, di ampliare il fascio (ops, scusate!) delle citazioni per sorprendere i compagni ideologicamente incrostati. E poiché noi siamo il risultato di una destra postmoderna, mescolerei Emil Cioran a Corto Maltese, Giovanni Testori a John Rambo, Leo Longanesi a Clint Eastwood, giusto per sparigliare le carte, anzi non escludo di formulare a uso della politica un inventario di citazioni utili e insieme sorprendenti. Tutte rigorosamente non di sinistra ma neppure criminalizzabili.
Bisogna però essere onesti, non c’è bisogno di mettere in piedi alcun processo di rimozione, anzi riaffermare ciò che è evidente almeno per chi conosce la storia. Se l’arte esprime differenza, ambizione di volare alto, segna l’appartenenza a una comunità a sua volta fondata sulle radici, l’arte come forma eroica che glorifica le imprese di un popolo, allora non si può negare che il fascismo abbia fornito agli artisti questi spunti e tanti altri, nella pittura, nell’architettura, nel teatro, nella letteratura come mai più accaduto nel ‘900.
L’ARTE ALLA RIBALTA
Nella prima parte del ventennio le arti si svilupparono come nei momenti d’oro della storia italiana, cominciando dal Rinascimento dove la funzione propagandistica era davvero indispensabile. A differenza del piatto e banale comunismo, che puzza di mediocrità (a proposito di odori) ed elimina qualsiasi differenza tra gli uomini che purtroppo ancora marcia nel contemporaneo, il fascismo si fece portatore di un progetto artistico che pur mantenendo la tradizione stabiliva forti legami con la cultura europea per una visione del mondo moderna e sperimentale. Chissà cosa diranno gli incompetenti soloni della sinistra quando si faranno le giuste celebrazioni di Giuseppe Terragni per i 120 anni dalla nascita. Fascista? Certamente, e grandissimo architetto. E Luigi Pirandello? Fascista? Si, e Premio Nobel? Marinetti? No, lui neppure fascista in toto, anima critica piuttosto, con una punta di invidia nei confronti del Duce. E che la storia (dell’arte) andrebbe davvero studiata, prima di parlare e straparlare.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.