Aiuto, la destra ci ruba Antonio Gramsci. C’è più indignazione che preoccupazione nel lamento della sinistra, alla quale non va giù l’idea del ministro della Cultura, Gennario Sangiuliano, di porre una targa nella casa di cura Quisisana di Roma dove, il 27 aprile del 1937, il fondatore del Partito Comunista Italiano e dell’Unità morì dopo esservi stato ricoverato in regime di libertà condizionata. La Stampa di ieri ha dedicato una pagina alla questione, ponendo il tema dell’appropriazione culturale- leggasi scippo - di un idolo storico della sinistra trinariciuta da parte del governo Meloni.
Anziché prendersela con gli altri, che lo omaggiano e ne ricordano il sacrificio, gli ex compagni farebbero meglio a battersi il petto e processare se stessi, per aver mollato Gramsci sostituendolo di volta in volta con Greta Thumberg, Niki Vendola, Bill Clinton, Bill Gates, Papa Francesco, Chiara Ferragni e quel che passava il convento. Ma non è questo il punto. La sinistra si è fatta il lifting, ha abbandonato l’idealismo per il situazionismo e resta spiazzata se gli altri non scimmiottano i suoi errori. Se la destra ignora Gramsci, è fascista e nasconde i cadaveri nell’armadio, se lo commemora, è ipocrita e vuol sbianchettare la storia.
Non è così, caballeros... Malgrado i goffi e sterili tentativi dell’opposizione di inchiodarla al Ventennio che fu, questa destra non ha nulla a che vedere con quella fascista che perseguitò Gramsci, e che se vogliamo andare in profondità si scopre che veniva poi dalla sinistra. Questa destra è moderna e liberale, parla di Gramsci e Pasolini come di Celine e Pound, senza muri culturali e non lo fa per appropriarsene e neppure per rifarsi il trucco. Quello di Meloni e Sangiuliano, ma anche di La Russa e Bocchino, il direttore del Secolo d’Italia, non è revisionismo ma progresso culturale. È evidente che alla sinistra farebbe comodo una destra speculare ai dem, chiusa nel proprio recinto, ferma agli anni di piombo, rancorosa e revanscista, aggrappata ai propri simulacri invecchiati. Però non è così. Questa destra può celebrare Almirante come ricordare con una targa Gramsci, riconoscendo il valore del suo pensiero politico e l’orrore del suo martirio, mentre la sinistra resta abbarbicata al busto del suo pensatore, senza neppure darsi pena di spolverarlo.