Straordinaria manifestazione d’affetto intorno a Sandra Milo, morta ieri all’età di 90 anni. Tantissima gente le voleva bene, nei diversi mondi che ha attraversato, quello del cinema in particolare. E tutti sono concordi nell’utilizzare la parola “icona” che nel suo caso risulta davvero calzante e non superflua: le bastarono alcune interpretazioni chiave per assurgere all’olimpo di quelle attrici capaci di segnare un’epoca, la seconda parte del ‘900, attraversando le trasformazioni del Paese, nello spettacolo, nella società, nella politica, nel processo di emancipazione femminile. Altro che oca giuliva: Sandra era colta, intelligente, acuta e sferzante nei giudizi.
La Biennale di Venezia ricorda le sue affettuose presenze alla Mostra del Cinema al Lido, l’ultima lo scorso settembre. Da Lovers, il festival del cinema gay di Torino, dove fu la madrina nel 2021, giungono le parole di Vladimir Luxuria: «Sandra Milo è stata una delle persone più buone che io abbia conosciuto nel mondo dello spettacolo. Sempre a disposizione. Sempre energica». Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, ha invece dichiarato: «Sandra Milo ci ha raccontato i mille mondi della femminilità e, ancora oggi, nelle donne del cinema italiano risiede una parte di lei».
E proprio il ruolo di donna lei lo ha interpretato in maniera originale e anticonformista, uscendo dai personaggi interpretati per affrontare la realtà. Sandra ha reinventato, in chiave moderna, la figura dell’amante, vicina per buona parte della sua vita a uomini ingombranti, impegnativi e impegnati. Sempre con il sorriso sulle labbra, una sensualità solare e prorompente, cui aggiungere un ulteriore tocco di felicità: mai di quegli uomini si sarebbe dovuta occupare in vecchiaia, assisterli nel decadimento, quello sarebbe toccato in sorte alle mogli, a chili aveva scelti. Lei no, libera, pronta a godersi le stagioni migliori senza ammettere nulla ma senza smentire mai. L’amante, con Sandra Milo, è sdoganata, assume le vesti della favorita del re, e le legittime consorti accettano la non facile coesistenza pur di non perdere la sfida.
Per diciassette anni fu al fianco di Federico Fellini. Tutti sapevano della loro storia d’amore, anche Giulietta Masina, con la quale divise il set di “Giulietta degli spiriti” (1965) in un ruolo di femme fatale studiatole apposta dal regista riminese, a conferma di quanto egli fosse cinico: le due donne della sua vita nello stesso film. La maturazione di Sandra Milo si deve però a “8 1/2”, dove Sandrocchia (questo il diminutivo non proprio sexy che Fellini le aveva coniato) nella parte di Carla a un certo punto chiede a Guido/Marcello Mastroianni: «Ma almeno mi vuoi un po’ di bene?». Ecco, sono gli amanti che si stanno parlando attraverso il cinema, meravigliosamente assomiglia alla vita.
Uomini grandi, si diceva, imponenti, corpulenti, veri. L’altro grande amore di Sandra si chiamò Bettino Craxi, grazie al quale si avvicinò al Partito Socialista sposandone gli ideali di una sinistra moderna, elegante e godereccia. Una relazione più breve e in parte discreta (non certo per i media dell’epoca che molto ne scrissero e ne spettegolarono), durata un paio d’anni, ma non per questo meno intensa. L’attrice lo definì un amante straordinario, certo non si facevano vedere insieme, entrambi erano sposati, non che questo costituisse peraltro un problema, ma le improvvisate della Milo ai congressi Psi, il cuore di garofani rossi, e soprattutto la mancanza di discrezione lasciavano ben pochi dubbi, era lei ancora una volta a giocarsi la parte della donna del capo. Con uomini che ha amato in modo diverso, meno spettacolare, Sandra si è sposata e ha avuto dei figli. Nel 1948, aveva appena 15 anni, le nozze con il marchese Cesare Rodighiero durarono solo 21 giorni, dal produttore cinematografico Moris Ergas ebbe la prima figlia Deborah, quindi Ciro e Azzurra nati dall’unione con Ottavio De Lollis, peraltro gelosissimo, che fece di tutto per farla stare a casa invece che sul set o in giro a fare danni. Tornando invece al cinema, Milo ha avuto almeno due fasi nella carriera: da giovane una bomba sexy che al tempo si definiva maggiorata per via del seno e dei fianchi generosi, da matura e anche da anziana l’icona cui rendere omaggio.
Dopo l’esordio ne “Lo scapolo” (1955) di Antonio Pietrangeli con Alberto Sordi, la prima parte importante, quella di una prostituta, fu ne “Il generale Della Rovere” di Roberto Rossellini. Negli anni 2000, dopo l’esperienza televisiva dei “Piccoli fans” dove esce l’irresistibile vis comica, ha lavorato con Pupi Avati, Gabriele Salvatores, Gabriele Muccino, tutti registi che l’hanno scelta come attrice di culto. E nel 2021 si guadagna il David di Donatello alla carriera. Nelle sue due ultime apparizioni resta il ricordo di una donna davvero straordinaria, quando si racconta in “Roma santa e dannata” di Roberto D’Agostino e Marco Giusti, come a liberarsi, a vuotare il sacco e dire che sì, l’amante di Fellini e di Craxi lo è stata veramente, e infine recitando accanto a Christian De Sica in “Gigolò per caso”, la serie Amazon che non sarà un capolavoro ma almeno ha il pregio di essere scorretta e corrosiva. Come il cinema dei suoi tempi.