In Riviera si è generato un casino John Travolta che metà basta, una faccenda legata a scarpe griffate che non dovevano fare la loro comparsa in diretta, balli del qua qua da sagra della caciotta, cachet milionari o forse no. Non scriveremo “Sanremo travolta dalle polemiche” perché abbiamo una nostra dignità, ma ormai lo abbiamo fatto e buonanotte ai suonatori. E andiamo riassumere. Il celebre attore americano qualche settimana fa contatta la Rai. «Nei giorni del Festival sarò a Montecarlo, mi piacerebbe venire ospite a Sanremo».
Così fa sapere Mr. Grease, almeno secondo la ricostruzione della Rai. E la Rai- mica fessa- lo accoglie ben volentieri promettendogli un non meglio precisato rimborso spese «e solo quello» (parola dei vertici di viale Mazzini). Le parti si accordano sui contenuti dell’improvvisata, tra chiacchiere con Giorgia sul palco dell’Ariston, duetti con Amadeus sulle note dei suoi film più celebri e simpaticissima gag finale con tanto di Fiorello, paperi, balletti e così via. Nell’accordo - precisa la Rai- Travolta non concede il diritto di trasmissione delle immagini oltre la diretta, proprio perché «si è accordato per un semplice rimborso spese». Benissimo.
LE INQUADRATURE
Solo che poi si incastrano una serie di faccende dai contorni misteriosi che meritano il loro spazio. Travolta appare sul palco con ai piedi un paio di scarpe da ginnastica griffate U-Power, marca certamente poco nota nell’universo delle calzature. Nessuno della produzione si prende la briga di coprire la scritta, spesso e volentieri inquadrata dalle telecamere. «È stata una svista» dicono dalla Rai e «il fatto che i piedi fossero spesso inquadrati dipende dalla genesi della comparsata: se Travolta deve ballare è normale che si inquadrino i piedi». Ci sta. Quel che non torna è la scarsa attenzione mostrata dai professionisti della rete pubblica, sempre attentissimi a oscurare ogni genere di marca, ma non quella di U-Power, il cui grande capo, tra l’altro, era presente proprio all’Ariston, seduto nel posto sacro che fino all’anno passato era appannaggio della sicura Parietti, già Alba Nazionale. In conferenza Amadeus ha dato la sua versione dei fatti, eccola. Considerazione numero 1: «Non conosco nemmeno il nome dell’azienda delle scarpe che indossava John Travolta. Non sapevo assolutamente nulla».
Considerazione numero 2: «Mi sembra semplicemente che ci sia voglia di fare polemica. Non sta succedendo niente, va tutto bene, dove possiamo trovare una stronzata per fare polemica? Perché non parliamo di Allevi, di quello che hanno fatto gli attori di Mare Fuori?». Concetto ribadito anche ieri sera sul palco in apertura di serata: «Si è parlato troppo di Travolta, e non si è dato abbastanza spazio al maestro Allevi».
Considerazione numero 3, sul fatto che durante il “duetto” Amadeus abbia pronunciato la frase “Don’t worry, be happy”, curiosamente slogan della stessa U-Power: «Don’t worry, be happy, l’ho presa dalla canzone. Non ne avevo la più pallida idea. Mica mi scrivono i copioni parola per parola». E la cosiddetta “svista”? La vicedirettrice Prime time, Federica Lentini, dice così: «Travolta è arrivato all’ultimo minuto, è entrato subito e nessuno ha notato che tipo di scarpe avesse, francamente. È solo sfuggita questa cosa a chi era lì. Nessuno ha pensato di mettere il nastro sulle scarpe, è stata una disattenzione, un errore di chi era lì, dell’assistente di studio».
MEA CULPA
Tutto a posto? Neanche un po’. La performance del mito holliwoodiano non è piaciuta alla maggioranza, in particolare a Fratelli d’Italia, i cui esponenti potrebbero adesso sollevare il caso in Aula o in Commissione. «Uno spettacolo deplorevole», il commento più gettonato. Che poi, al netto della baracconata poco riuscita per stessa ammissione di Fiorello nel suo VivaRai2!(«Una delle gag più terrificanti della storia. La fine della nostra carriera», ha scherzato) e pure di Amadeus («Una gag che poteva essere da dieci si è trasformata in una gag da otto, ci sta che un artista all’improvviso non si senta a suo agio»), il vero tema è un altro: quando si inizierà a mettere un freno a questa nuova tendenza, quella dei divi - italiani e non- che vengono a Sanremo “a poco prezzo” per poi promuovere i fatti loro così da incassare cifre esorbitanti? Al futuro direttore artistico l’ardua sentenza.