Chissà se la sinistra ci è o ci fa. Per il premier Giorgia Meloni ci fa. Dal Canada, a margine dell’incontro con Justin Trudeau, il presidente del consiglio è tornato sulla vicenda degli scontri di Pisa e Firenze di una settimana fa, e sulle sue dichiarazioni in merito al “pericolo” di togliere il sostegno alle forze di polizia. L’opposizione, vista la concomitanza con il richiamo al buon senso di Sergio Mattarella, ha voluto interpretare le parole come una risposta, piccata, al Quirinale. E invece il bersaglio erano proprio loro, che si schierano spesso e volentieri con i violenti anziché con le divise: «Se qualcuno pensa che la mia dichiarazione sia riferita a Mattarella significherebbe che Mattarella abbia tolto il sostegno alle forze dell’ordine, ma non è così e io non mi riferivo al Capo dello Stato, Giorgia Meloni ce l’aveva con la sinistra. I miei rapporti con il presidente della Repubblica sono ottimi anche se ci sono dei tentativi di creare una crepa con il Quirinale», dice alla stampa. Il caso, quindi, sarebbe stato montato ad arte dalla sinistra, vogliosi di strumentalizzare persino il Colle nella battaglia sul premierato: «Non sa come spiegare che non vuole che i cittadini scelgano da chi farsi rappresentare - chiosa Meloni, che poi fa cenno al risultato elettorale in Sardegna ancora in bilico -. Aspettiamo il riconteggio poi vediamo cosa fare, mi pare che si stia assottigliando lo scarto, le cose sono andate meno peggio di come sembrava».
Intanto in Italia i cortei pro-Palestina continuano e le rivendicazioni si sono sdoppiate. A differenza dei numeri. «In piazza contro le bombe e i manganelli», lo slogan recitato ieri da non più di 5mila tra studenti, componenti dei centri sociali, collettivi universitari, docenti di scuole superiori e sindacati, politici di sinistra e centrosinistra tra cui il presidente della Provincia Massimiliano Angori (Pd). Fortunatamente non c’è stato alcun rigurgito di violenza dopo gli scontri del 23 febbraio, e ancora più scariche sono state le altre piazze toscane come Firenze ed Empoli. Ma certo se nei fatti non c’è stata alcuna guerriglia, in generale la dialettica e la simbologia della piazza non si possono certo definire “pacifiche”. Ad aprire il corteo un gruppo di una quindicina di ragazzi minorenni con gli striscioni “Pisa non ha paura”. Il corteo è partito intorno alle 15, in ritardo di un’ora causa della pioggia, da piazza Vittorio Emanuele e si snodato per il centro, fino ad arrivare in piazza dei Cavalieri. I partecipanti hanno fatto il pieno di slogan contro Israele, definito uno “Stato fascista e terrorista”. Meno corposa ma più agguerrita la piazza di Roma.
Il corteo perla Palestina nella capitale ha percorso un tracciato disegnato intorno all’università La Sapienza, l’Olimpo di centri sociali, collettivi e movimenti studenteschi antagonisti. In totale, poco più di un migliaio di persone. Tra gli stendardi più spinti, c’è chi si permette il lusso di rimbrottare Liliana Segre: «Ti stimo ma non sento la tua voce sulle stragi di Gaza». Ben più tranciante Maya Issa, presidente del Movimento degli studenti palestinesi: «Chiediamo fine all’occupazione della Palestina - ha detto all’Agi -. In piazza con noi c’è il popolo e i partiti che non sono in parlamento, è l’Italia che noi vogliamo», ha aggiunto. Poi, microfono alla mano, ha arringato la folla: «Noi la Palestina la vogliamo, non esiste Israele che è uno stato che occupa e che ha colonizzato la nostra terra». In testa al corteo alcuni ragazzi palestinesi hanno tenuto dei lenzuoli bianchi con scritto in rosso «stop al genocidio». I giovani si sono poi sdraiati per terra mentre dalle casse risuonava il rumore di bombe e missili. Il corteo si è concluso ancora più avanti di piazzale Tiburtino, dove inizialmente doveva finire il corteo. I partecipanti sono stati oltre 1.500. Tra centinaia di bandiere palestinesi i manifestanti hanno sfilato al grido di «Palestina libera, stop al genocidio».
Fumogeni rossi, e la canzone Bella Ciao, cantata a gran voce, e cori «Palestina libera, intifada fino alla vittoria». La piazza di Milano è stata caratterizzata da un’altra lezione morale. I ragazzi in San Babila se la sono presa con il presidente provinciale dell’Anpi Roberto Cenati, ringraziandolo ironicamente per essersi dimesso in disaccordo con la scelta dell’Anpi nazionale di usare il termine “genocidio” per quello che sta accadendo a Gaza: «Il 25 aprile si avvicina e ricorderemo a questa città cos’è il termine Resistenza», hanno promesso col solito tono minaccioso per poi accendere alcuni fumogeni e ripetere slogan come «Israele via via, Palestina terra mia». Quando il corteo è sfilato in piazza della Repubblica a pochi passi dal Consolato degli Stati Uniti i manifestanti hanno gridato: «Joe Biden assassino», «Meloni assassina». Dopo gli assalti di anarchici e antagonisti alla volante della polizia di lunedì scorso, si svolge senza particolari problemi il sit-in di piazza Castello, nel centro di Torino. Al presidio “Torino per Gaza” erano presenti centri sociali, Scuola per la Pace, Si Cobas e altre sigle di associazioni. La “chiamata alle armi” della sinistra di tutta la settimana, contro istituzioni, forze dell’ordine e governo Meloni è fallita. Per fortuna.