Doveva essere l’interrogatorio del chiarimento in veste di «vittima», invece Gabriele Gravina, potente capo della Federcalcio, è formalmente iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Roma con l’accusa di appropriazione indebita e autoriciclaggio. Oggetto del procedimento presunte irregolarità nell’assegnazione del bando del 2018 per i diritti tv della Lega Pro di calcio e la compravendita fittizia di una collezione di libri antichi: Gravina avrebbe incassato due caparre (250mila euro prima, 350mila in seguito) per poi tenere per sé i volumi.
Il fascicolo nasce su impulso della Direzione nazionale antimafia guidata da Antonio Laudati, ora accusato dai pm di Perugia di essere uno degli artefici dei presunti dossieraggi su politici e vip, insieme Pasquale Striano, luogotenente della Finanza abile a veicolare a giornalisti amici notizie riservate soprattutto su esponenti del centrodestra e di governo. In realtà, dalle carte emerge che i giornalisti “veri”, muniti di regolare tesserino, di cui Striano era una fonte preziosa erano solo quelli del Domani, il quotidiano di Carlo De Benedetti oggi diretto da Emiliano Fittipaldi. L’inviato Nello Trocchia, il coordinatore del servizio investigativo Giovanni Tizian e il collaboratore Stefano Vergine, oggi accusati di concorso in accesso abusivo e rivelazione di segreto, sono i segugi che hanno firmato i servizi da cui sono partite le denunce, in particolare tre inchieste in prima pagina il 27, 28 e 29 ottobre del 2022. Si tratta di articoli che hanno fatto infuriare il ministro della Difesa Guido Crosetto e lo hanno spinto a denunciare perché quei pezzi contenevano dettagli riservati su presunti compensi che il co-fondatore di Fdi avrebbe ricevuto da Leonardo e da altre aziende. Per il giornale non certo filogovernativo il ministro sarebbe stato in conflitto d’interessi. «Falso», è stata la replica di Crosetto, che ha chiesto agli inquirenti di andare a fondo.
Il Domani oggi si trova il suo “pool” investigativo sotto inchiesta e al centro di una vicenda, quella della tutela della libertà di stampa, su cui è intervenuto il Colle e ancora prima il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per non parlare della segretaria Pd Elly Schlein e di tutto l’arco parlamentare, perché a nessun politico in Italia viene in mente di censurare i media. Il problema, però, è se il finanziere al quale si imputano almeno 45 accessi abusivi al giorno alla banca dati della Dna per un totale di oltre 800 in due anni, passava carte riservate a soggetti che non risultano giornalisti e di cui non si conosce la reale occupazione né lo scopo. Anche se forse si intuisce.
L’audizione, ieri in Parlamento, del procuratore Antimafia Giovanni Melillo, ha confermato la gravità della situazione che invece il centrosinistra, fino all’altro giorno, ha provato a minimizzare. Melillo ha parlato di un «sistema» e di un «mercato parallelo di informazioni riservate». Ha spiegato che Striano non può avere agito da solo. Eppure, al Domani negano che esista una «centrale di dossieraggio» e a chi solleva dubbi sul perché un pubblico ufficiale si è potuto prestare a tali rischi rispondono: «Abbiamo ricevuto in maniera totalmente lecita le informazioni. A nessuno degli indagati viene contestata la corruzione per avere notizie». Benissimo.
Uno scoop infatti non si paga. Nell’inchiesta però emergono almeno 4 nomi di ignoti “giornalisti” di cui non vi è traccia nell’albo dei pubblicisti né dei professionisti, fantasmi dell’informazione, e allora è lecito chiedersi se fossero davvero colleghi o spioni che si spacciavano per cronisti. A costoro Striano passava di tutto via mail o whattsapp: movimenti bancari e dati coperti da segreto. E poi dicono che non si tratta di dossieraggio. Nel faldone è citata anche Roberta Ruscica, oggi freelance, alla quale Striano il 18 luglio 2019 ha mandato notizie su un foreign fighter attivo in Siria. È una giornalista vera sebbene non si trovi sul sito dell’Ordine. «Mi hanno cancellato perché non avevo pagato la quota», si sfoga a Libero raccontando il suo lavoro sempre a caccia di notizie. «Con Striano ho avuto solo quel contatto una volta, dovevo scrivere un pezzo per Panorama, e ora mi dicono che sono indagata. Ma sono io a dovere essere arrabbiata, il mio nome doveva essere coperto da omissis. Dove andremo a finire?».