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Giovanni Longoni: la verde Svizzera condannata perché è ricca e alimenta il commercio

di Giovanni Longoni mercoledì 10 aprile 2024

4' di lettura

Daranno come sempre la colpa alle vacche. La Svizzera- il Paese in cui nessuno vorrebbe vivere perché è troppo lindo, ordinato e noioso- è stata condannata in quanto non farebbe abbastanza per proteggere l’ambiente. E come per il famigerato “buco nell’ozono” furono incolpate le flatulenze dei ruminanti australiani, a rischiare ora sono i soliti sospetti: le mucche di razza alpina. E i partiti di destra. Per tranquillizzare l’opinione pubblica bisogna rivelare che la sentenza contro la Confederazione è stata decretata da un tribunale europeo. Potevate dirlo subito che era una bischerata, penseranno i lettori. Lo è, ma anche le bischerate possono provocare cataclismi.

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha sede a Strasburgo, ha dato ragione alle oltre 2.000 attempate signore, membri dell’associazione svizzera Senior Women for Climate Protection, che avevano accusato il governo elvetico di aver violato i loro «diritti umani» non impegnandosi abbastanza rapidamente per affrontare il cambiamento climatico. La Cedu non è un organismo dell’Unione europea bensì del Consiglio d’Europa ed è per questo che ne fanno parte anche i malcapitati svizzeri. È la prima volta che la Corte si pronuncia sul riscaldamento globale e la sua sentenza è senza appello, vincolante (stabiliscono un precedente legale) e potrebbe influenzare la legge nei 46 Paesi membri del Consiglio.

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Allo stesso tempo la Cedu, presieduta dalla giudice irlandese Siofra O’Leary ha respinto le cause intentate da sei giovani portoghesi e da Damien Carême, eurodeputato dei Verdi e sindaco della cittadina francese di Grand-Synthe, sulle stesse basi dell’accusa intentata dal gruppo di pensionate svizzere. Alla Confederazione invece non sono stati fatti sconti. Ma è così inquinato il Paese fra i monti? No. Al contrario, come tutti immaginano o sanno, è meno contaminato dei suoi vicini, compresa la Francia dove si trova Strasburgo sede del Cedu. Però è un posto ricco, pieno di gente ricca e questo non va bene. «Gli elevati livelli di consumismo e di comodità», ha scritto Susan Misicka per Swissinfo, sito collegato alla Tv federale, «aumentano l'impronta ecologica nazionale». Secondo uno studio del 2022, «la Svizzera è responsabile del 2-3% delle emissioni globali di CO2, collocandosi così nella “categoria dei pesi massimi”, alla pari di paesi come l’Indonesia, il Giappone o il Brasile». Come è possibile? Semplice: al popolo felice svizzero piacciono le comodità. La frugalità è nel carattere nazionale ma anche l’imprenditorialità. La Svizzera è stabilmente ai primi posti delle classifiche della produttività ma anche di quelle della qualità della vita. E se chi se lo può permettere vuole fare la prima colazione con manghi importati per via aerea ogni mattina semplicemente paga e la fa.

Insomma, i 9 milioni scarsi di abitanti dei 26 cantoni sono al centro di una rete economica globale, i loro bisogni danno lavoro a persone in tutto il mondo. «Se tutti vivessero come gli svizzeri e le svizzere», conclude cupa la Misicka, «la popolazione mondiale avrebbe bisogno di tre pianeti per disporre di sufficienti risorse naturali». Poi c’è la politica. Vent’anni fa la struttura consociativa del potere federale che durava dagli anni ’50 venne travolta dall’irrompere sulla scena dell’Udc/Svp. Fu il primo partito “populista” di successo e da allora tutte le altre formazioni rappresentate nel Direttorio bernese hanno dovuto fare i conti con i vari Christoph Blocher, Ueli Maurer e oggi Mario Chiesa e con il loro scetticismo, a dire poco, per il formidabile ecologismo svizzero. Passi per la lotta all’inquinamento, dice l’Udc, ma non sia a discapito del mercato e della crescita economica. Non stupirà che a Berna la notizia della condanna sia stata accolta coi fuochi d’artificio dalla sinistra (Verdi e Socialisti), con prudenza dai partiti borghesi (Liberali e Centristi) e con fuoco continuo a palle incatenate dalla destra.

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«Sono molto felice», ha detto Nicole Barbry, 70 anni, arzillo membro del Senior Women for Climate Protection dopo la sentenza, «è positivo che finalmente ci ascoltino». Felicità anche nella redazione del sinistro Tages-Anzeiger il quale ha dedicato una fotogallery sul web alle reazioni internazionali e ne è venuta una carrellata sui media progressisti di tutto l’Occidente, dal Guardian a Der Spiegel, da Repubblica a El Pais. Più chiara e diretta la copresidente del Partito Socialista Mattea Meyer: «Questa sentenza è uno schiaffo in faccia al Consiglio federale e alla sua inerzia nel settore climatico». Visto da destra (Udc): Mike Egger parla di verdetto «ridicolo». Per Christian Imark, attuale presidente della Commissione Ambiente ed Energia, la stessa decisione è «presuntuosa». Una nota dalla segreteria del partito ha condannato fermamente l’ingerenza dei giudici stranieri e ha chiesto alla Svizzera di ritirarsi dal Consiglio d’Europa. Non finisce qui. E le vacche svizzere tremano.

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