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Carioti: Meloni sfida l'Europa, "investiamo più soldi per incentivare le nuove nascite"

di Fausto Carioti sabato 13 aprile 2024

4' di lettura

Come deve essere contabilizzato, tra le uscite dello Stato, un miliardo di euro usato per incentivare la natalità, magari detassando le buste paga dei lavoratori con più figlio costruendo nuovi asili nido? È una spesa o è un investimento sul futuro, anche economico, di quello Stato e della Ue, dove in nessun Paese il tasso di natalità raggiunge il livello di sostituzione, quei due figli per donna che garantiscono la stabilità demografica? E se è un investimento sul futuro, perché le regole di bilancio di Bruxelles non lo considerano tale? Ieri si sono visti sprazzi della Ue che dovrebbe nascere dopo il voto di giugno, nel discorso fatto da Giorgia Meloni al convegno sull’Europa e la «transizione demografica» organizzato dalla ministra per la Famiglia e la Natalità, Eugenia Roccella. Forte dei sondaggi che accreditano i suoi conservatori europei di un balzo in avanti (81 eurodeputati contro i 68 attuali), la premier vuole spostare a destra la rotta della Ue. E le politiche per la famiglia, assieme a quelle per l’ambiente, sono in cima alla lista delle cose da cambiare.

SOLDI E CATTIVI MAESTRI

«Andiamo verso le elezioni europee», dice Meloni, «e dal punto di vista del governo italiano una delle grandi rivoluzioni che l’Europa del futuro deve garantire è quella di sostenere finalmente con forza, con strumenti concreti, la sfida demografica». Molti di questi strumenti sono economici, ed è qui che il ruolo di Bruxelles diventa cruciale. Siccome «la denatalità è un problema europeo», spiega Meloni davanti alla commisaria Ue per la Demografia, la croata Dubravka Šuica, «l’Europa deve porsi il problema di come considerare gli investimenti sulla natalità». Questi, a differenza della spesa corrente, hanno «un moltiplicatore altissimo» e sono indispensabili: se infatti «non riusciamo a ripristinare quell’equilibrio tra la popolazione attiva e la popolazione che ha bisogno di assistenza, nel giro di pochi anni i nostri sistemi di finanza pubblica diventeranno insostenibili».

Pesa anche il fattore culturale, la “narrazione” che si fa della maternità, e pure lì ci sarà da lavorare. «Per decenni», denuncia la premier in polemica con la sinistra, «cattivi maestri hanno proclamato, anche da vere e proprie cattedre, magari ottenute col “6 politico”, che la genitorialità era qualcosa di stantio, un concetto patriarcale da superare, a volte addirittura da combattere». Una cultura che ha trovato sostegno nel fanatismo ecologista: «Negli ultimi tempi si è sostenuta la follia che se vogliamo bene all’ambiente dobbiamo ridurre l’impronta carbonica rappresentata dai bambini».

Tesi, queste, che «rischiano di trascinare l’Italia e l’Europa sull’orlo del precipizio e di indurci a credere che il mito da perseguire sia quello della decrescita felice applicata alla natalità». Del resto, prosegue la presidente del consiglio, questa è una società nella quale «già il fatto stesso di parlare di padre e di madre può sembrare un atto di rivoluzione», e in cui «quando ci si scontra con l’evidenza si pensa di poter risolvere la questione alimentando un mercato transnazionale che sfrutta il corpo delle donne povere», ossia ricorrendo alla «pratica disumana» dell’utero in affitto. «Nessuno», scandisce Meloni, «mi può convincere che sia un atto d’amore considerare i figli come un prodotto da banco in un supermercato». E arrivata a questo punto vuole sfatare il «mito» dei figli di coppie omosessuali che hanno meno diritti degli altri: «In Italia, come è stato certificato anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, non esiste un solo bambino al quale non siano assicurati pieni diritti».

LA SOLITUDINE

Prima di lei, Roccella aveva spiegato che la soluzione non può essere quella sostenuta «da chi vorrebbe lasciare indisturbati i trafficanti di uomini e assegnare ai migranti il compito di fare i lavori e i figli che noi non facciamo più». Anche perché il problema va in profondità, la denatalità causa il diffondersi della solitudine, con tutto ciò che ne deriva: «Meno persone della comunità naturale di prima prossimità all’interno della quale ognuno di noi è nato ed ha vissuto, che costituisce di solito non solo la prima “scuola di vita”, ma anche il primo ambito di solidarietà in caso di difficoltà personali». Sostegno alle famiglie numerose, leggi per conciliare famiglia e lavoro ed aumento dell’occupazione femminile sono i tre cardini della strategia del governo indicati da Roccella. Autonomie locali, Regioni e Comuni dovranno rilanciare i servizi per le famiglie sui loro territori, in linea con quanto indicato da Sergio Mattarella nel suo messaggio al convegno, con cui chiede alle istituzioni di «superare le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità». Alla Ue, infine, spetterà il compito di varare «un grande incentivo per l’investimento nelle politiche per la natalità». Questa, avverte Roccella d’intesa con Meloni, sarà la richiesta italiana. E va da sé che molto dipenderà dai numeri che usciranno dai seggi delle Europee. 

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