La senatrice a vita Liliana Segre è a Roma da tre giorni. Presenza eccezionale per presiedere di persona la commissione parlamentare per il contrasto all’intolleranza, al razzismo, all’antisemitismo e all’istigazione all’odio e alla violenza. Argomento del giorno, l’esplosione dell’odio contro gli ebrei nelle nostre università, a partire da quanto accaduto martedì alla Sapienza di Roma, ormai epicentro della lotta anti-sionista. «Le parole sono il veicolo dell’odio» era la sintesi a cui era giunta la Commissione durante le scorsa legislatura.
“Genocidio” è la parola utilizzata oggi per alimentare l’antisionismo. Un falso, una rappresentazione opposta della realtà, che attribuisce alle vittime della Shoah e al popolo che i terroristi islamici vorrebbero distruggere, cancellando ogni traccia dello Stato di Israele dal fiume Giordano al mare Mediterraneo, la volontà di eliminare i palestinesi. Un artificio linguistico che racconta come una guerra d’aggressione quella che invece è la lotta per la sopravvivenza che il popolo ebraico sta combattendo. La presenza fisica in commissione della Segre, che normalmente si collega da Milano via computer e invece stavolta ha deciso di esserci testimonia la gravità della situazione e la preoccupazione della senatrice per le possibili derive future. Gli occhi sono ancora quelli della bambina deportata ad Aushwitz, il corpo è quello di una 93enne che mai si sarebbe aspettata di rivivere in Italia una nuova esplosione di anti-semitismo, dopo quella che, a seguito delle leggi razziali, la bandì da tutte le scuole del re gno. Fino al 7 ottobre scorso i lavori della commissione erano incentrati sul ruolo dell’intelligenza artificiale come volano del razzismo.
Gli eventi drammatici hanno spostato il focus: l’emergenza sono gli slogan anti-Israele, i cortei pro-palestina, le occupazioni nelle università e i boicottaggi degli accordi con gli atenei israeliani in merito ai quali si attende per oggi la relazione della ministra Annamaria Bernini. In sei mesi, dal massacro operato dai terroristi di Hamas nei kibbutz in Cisgiordania e al rave party al confine con Gaza fino a oggi, ci sono state in Italia 661 manifestazioni pro-Palestina e solo trenta in favore di Israele. Ben 64 si sono svolte in università, tutte contro lo Stato ebraico. Non solo, in tre mesi, dal 7 ottobre al 31 dicembre 2023, in Italia si sono verificati venti atti discriminatori nei confronti di studenti israeliani e 135 episodi di antisemitismo contro i 17 di tutto il 2022. «Profonda malinconia»: con queste parole Liliana Segre ha commentato una situazione scioccante. I fatti della Sapienza, con i collettivi studenteschi che tentano di occupare l’università per protestare contro la decisione del senato accademico di non interrompere i rapporti con gli atenei israeliani, come invece preteso dall’estrema sinistra e ottenuto a Torino, sono il paradigma di quanto sta avvenendo. C’è una regia che parte da fuori dalle università e tende a coinvolgere per istituzionalizzare l’odio anti-semita attraverso la rottura delle collaborazioni tra le nostre università e quelle israeliane o attraverso l’occupazione degli istituti e l’azzeramento di ogni attività di dibattito e democratica.
A gestire la protesta studentesca sono quarantenni dei centri sociali, indomiti rivoluzionari falliti, compagni che vogliono continuare a sbagliare, con la collaborazione stavolta di immigrati di seconda generazione provenienti dalla Palestina, dall’Iran o da Paesi storicamente anti-semiti che hanno ancora legami profondi con la madrepatria, perfino contatti con i terroristi. C’è un filo che lega quanto sta accadendo nelle nostre università ad Hamas. Questi burattinai agiscono sui giovani studenti di estrema sinistra. Alla Sapienza sono circa trecento quelli militarizzati, su una popolazione di ottantamila iscritti e 130mila persone che orbitano intorno all’ateneo, ma sono sufficienti per chiudere la bocca ai giornalisti invitati a parlare, dal nostro Daniele Capezzone a David Parenzo, e lasciare microfono aperto a personaggi dal passato e dal presente equivoci, per non dire inquietanti e pericolosi. L’elemento ancora più preoccupante è che questi trecento esagitati esercitano una guerriglia quotidiana contro chiunque la pensa diversamente e influiscono su una massa critica considerevole, al punto che la preoccupazione di chi gestisce l’ateneo e che ne venga compromesso il buon nome e che la più popolosa università italiana passi per un covo di teppisti. In questo quadro drammatico, si segnala per ambiguità, che talvolta sconfina nella connivenza, buona parte della sinistra italiana, e perfino del Pd. Anziché puntare l’indice sulle squadracce di facinorosi, alcuni parlamentari democratici stigmatizzano e contestano gli interventi delle forze dell’ordine per evitare le occupazioni, per garantire la sicurezza degli ospiti invitati a parlare in facoltà e per fermare i propalatori di odio. Il sospetto è che ci sia un livello superiore perfino a quello dei manovratori degli studenti. Forse una regia politica, che tiene insieme e coordina la protesta di tutto il mondo universitario. Il gioco, pericolosissimo, è far passare l’idea che ci sia una rivolta del mondo intellettuale e studentesco contro il governo per il suo sostegno a Israele. Una rivolta che, quanto a numeri, non c’è, ma quel che conta è far rumore, dare l’impressione. L’equazione è Netanyahu fascista e Meloni fascista perché sostiene Gerusalemme.
Si gioca sulla paura che gli italiani hanno della guerra. I partiti che, per guadagnare qualche voto alle prossime Europee, puntano su questo, compiono un crimine politico, esponendo il Paese a notevoli rischi. Che terribile destino, quello della senatrice a vita. Venerata dalla sinistra come una Madonna da portare in processione contro le destre, si appresta a vivere un 25 aprile dove la sinistra sfilerà contro gli ebrei anziché per la libertà. Non sarà la prima volta, perché ogni anno in quella data la brigata ebraica viene insultata dai militanti dell’estrema sinistra. Ma ora il clima è peggiore. La festa per la Liberazione sta per essere trasformata definitivamente nella giornata dell’odio contro la destra e gli ebrei, avvicinati peraltro senza nessuna logica.