«In Lionardo da Vinci, nel quale oltre la bellezza del corpo, non lodata mai a bastanza, era la grazia più infinita in qualunque sua azzione; e tanta e sì fatta poi la virtù, che dovunque lo animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute». Così il Vasari esalta nel secondo volume delle Vite la grandezza di Leonardo, che ha pochi uguali con gli artisti della sua epoca. Nessuna indiscrezione trapela sulla sua vita privata anche se il cronista del tempo amava intrattenersi sui pettegolezzi oltre che sullo stile. Ne sa qualcosa Giovanni Antonio Bazzi soprannominato “il Sodoma” per ragioni che possiamo immaginare.
Nell’ossessione di voler riscrivere la storia dell’arte, dopo l’eliminazione di tutti gli uomini tentata da Katy Hessel, il prossimo capitolo è quello di rintracciare gay, bisex, fluidi, comunque non etero che essendo troppi risultano banali. Operazione niente affatto meritoria, perché catalogare le persone a seconda dei propri gusti sessuali questo sì che è davvero discriminante, oltre che una brutta abitudine di farsi i fatti degli altri. Se fino a non molto tempo bastava che Gombrich, Hauser o Argan avessero stabilito che Leonardo, Raffaello, Michelangelo fossero stati i tre grandi dell’arte rinascimentale, ora no, ora c’è davvero chi indaga non sulla scoperta di eventuali inediti o nuove attribuzioni, ma sulle preferenze dei medesimi a letto per scoprire, ovviamente, che almeno la metà non erano etero.
L’umanità, in effetti, era in fervida attesa di tale contributo. Se si digita su un motore di ricerca “pittori omosessuali nella storia”, c’è chi sostiene di avere le prove provate dell’omosessualità di Fidia, di Michelangelo, di Benvenuto Cellini, di Caravaggio e ovviamente di Leonardo. E allora? Passa perciò in secondo piano tutto ciò quello che ha fatto, dipinto, progettato, anche solo intuito il Genio per eccellenza, l’artista che più di tutti ha aperto la strada alla contemporaneità, il fatto di essersi misurato e con successo in ogni campo del sapere, rispetto alle “prove” evidenti che amasse più gli uomini delle donne. A tale interpretazione contribuisce in maniera decisiva la fiction.
Nel 2021, anno delle celebrazioni leonardesche, la Rai mandò in onda Leonardo la serie in otto puntate interpretato da Aidan Turner timido, tormentato, irrisolto, che è un modo alquanto stereotipato e persino irritante di disegnare il ritratto di un gay. E intanto a Hollywood stanno lavorando su un nuovo kolossal leonardesco - dopo Il codice da Vinci il nome funziona sempre ed è garanzia di successo - prodotto dalla Universal e diretto dal regista inglese Andrew Haigh, la cui fonte principale è il volume uscito nel 2017 e pubblicato in Italia da Mondadori dello storico e giornalista Walter Isaacson, dove la questione dell’omosessualità del pittore è in primo piano ben più dell’invenzione della Gioconda.
Secondo questa tesi Leonardo avrebbe avuto come amanti due uomini molto giovani, il che francamente non pare così interessante, ma il cinema americano di oggi certe questioni non se le lascia sfuggire e infatti la scelta di Haigh va nella direzione di ascrivere l’artista alla “queerness” contemporanea. Il regista è famoso per Looking, la serie sulla vita ci cinque uomini gay a San Francisco, per il film Weekend (anche qui vita di coppia omosex), nonché Greek Pete, documentario sulla prostituzione maschile. Alleluia.
Se vale la logica che solo i neri possono fare film sugli afroamericani e sole le donne possono occuparsi di donne, Leonardo dovrebbe essere lasciato agli storici dell’arte o quantomeno a persone che abbiano competenza dimostrata in materia. Sempre di più si tende a privilegiare un’interpretazione gossippare della classicità e ciò rappresenta davvero una decadenza rispetto ai grandi testi di storia e critica su cui abbiamo avuto la fortuna di studiare. Poi non stupiamoci che gli studenti riescano solo a ripetere che alcuni artisti erano gay, bisex, puttanieri, mezzi drogati, invece di ricordarne le opere e saperle leggere in chiave formale, come la disciplina richiede. E ora che abbiamo la certezza della (quasi) gaytudine di Leonardo, quale contributo ha portato tale scoperta? È più appassionante sapere con chi si intratteneva in amorosi sensi o chiarire la questione dell’autenticità del Salvator Mundi?