«Irritante, erroneo e infido». Ecco come Andrea Catarci, assessore alle Politiche del personale del Campidoglio- l’uomo che ha guidato la macchina amministrativa della Capitale alle elezioni europee- definisce il comportamento del ministero dell’Interno a proposito del caos nello scrutinio dei voti a Roma. Catarci è stato ascoltato ieri mattina sui disservizi elettorali e a fronte dei dati che sul portale del Viminale continuano a denunciare lo spoglio incompleto - mancano sempre all’appello 78 sezioni su 2.599 - ha buttato, come si suol dire, “la palla in tribuna”.
Perché anziché fare mea culpa su un blocco nell’inserimento dei dati che ha “sputtanato” una volta di più Roma sui media di tutto il mondo, ha preferito prendersela con il resto del mondo. A partire, appunto, da chi ha osato criticare l’operato della sua amministrazione, come quei «due ministeri» - Interno e Difesa - bollati come «poco eleganti e un po’ infidi nei confronti di Roma Capitale».
Detto di Matteo Piantedosi, titolare del Viminale, colpevole di continuare a classificare come «ufficioso» il responso elettorale romano, a Guido Crosetto, numero uno della Difesa, Catarci dice: «Dovrebbe far attenzione prima di criticare, perché quando si sputa in aria poi finisce male...». Un riferimento al fatto che, a detta dell’assessore, ci sarebbero stati «elementi di ritardo anche nel sistema della Difesa».
CHE IMBARAZZO
Catarci è un esponente di Alleanza Verdi e Sinistra e ieri è comparso davanti alla commissione “Roma Capitale, statuto e innovazione tecnologica”. Al centro della sessione, durata circa un’ora, il ritardo con il quale si sono concluse le operazioni di verifica del voto. Catarci se l’è presa perfino con l’ex sindaco Ignazio Marino, esponente del suo stesso partito tra i primi a denunciare quanto stava accadendo: «Spiace che abbia scambiato i materiali di risulta con gli imballaggi delle schede elettorali. Gliel’ho detto di persona, ma evidentemente non lo ha capito».
Ma il piatto forte è stato lo scaricabarile con il quale l’assessore ha in pratica detto che è tutta colpa del governo di centrodestra. «Ci fanno fare le elezioni a Roma in modo medievale e poi stanno col fucile spianato in attesa che sbagliamo». Punto primo: nella Capitale ci sono troppi elettori, come si può pretendere che tutto fili liscio? «A Roma si concentra il 5% dell’elettorato nazionale». Catarci butta tutto nel calderone: «Ci fanno tenere le plance, come da legge del 1956 anche se non vengono più usate, e dobbiamo continuare a installarle continuando a rompere i marciapiedi. Poi vanno smontate e rimesse nei magazzini». Come se nelle altre città non fosse così... E, soprattutto, come se le plance con i manifesti avessero qualche attinenza con il bug che ha mandato in tilt il sistema informatico. Tant’è.
Catarci se la prende pure col voto spalmato in due giorni, sabato e domenica (nel resto dell’Unione europea le urne sono state aperte, a seconda del Paese, dal 6 al 9 giugno): «Il sabato viviamo giornate da incubo perché trovare 10.500 scrutatori e sostituire in surroga i presidenti di seggio per 138 euro di compenso complessivi, e ancora meno per gli scrutatori, è un lavoro da bestie da soma. Queste cifre andrebbero raddoppiate, anzi triplicate». E poi c’è l’orario, ovvio: «Il governo ha avuto l’eccezionale trovata di far votare dalle 15 di pomeriggio. Governo e Parlamento devono rendersi conto che se non legiferano adeguatamente non solo non andrà più la gente a votare, ma non troveremo più la gente per stare nei seggi a meno di quattro euro l’ora per i presidenti e tre per gli scrutatori. Parliamo di salario minimo e poi schiavizziamo chi fa un servizio perla comunità».
Insomma, di mea culpa neanche l’ombra: «Abbiamo preso decisioni difficili e spiacevoli, ma c’è stata una grande capacità umana di affrontare l’emergenza. È stato tutto regolare, con un malfunzionamento tecnologico». Catarci è tornato poi a quella sera: «Il sistema ha funzionato bene per le prime sezioni, poi è andato in blocco totale. Il sistema è stato riavviato, ma inutilmente. Ci siamo presi la responsabilità di far affluire tutto il materiale alla Fiera di Roma. Nella tarda serata di lunedì è finito il lavoro sulle preferenze». E le 78 sezioni che ancora mancano? «Non hanno causato alcun ritardo. Le schede incongruenti dovevano essere ricontrollate dai presidenti di seggio che non erano alla Fiera».
Parole che naturalmente non soddisfano l’opposizione. «Si stanno arrampicando sugli specchi, abbiamo sentito solo scuse generiche», attacca Fabrizio Santori, capogruppo della Lega in assemblea capitolina, «i giorni delle elezioni si conoscevano da giorni. Chiederemo conto anche alla Corte dei Conti sul danno erariale».