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Beatrice: i look griffati non coprono mediocrità e maleducazione

di Luca Beatrice sabato 6 luglio 2024

3' di lettura

Lo Strega non strega più. Intendiamoci, è l’unico premio letterario in Italia che fa vendere copie a chi lo vince e a chi entra in finale, eppure a mettersi alla ricerca di libri che in questi ultimi tempi hanno davvero lasciato nel dibattito culturale il segno si fa alquanto fatica. Non è questione di qualità, del mi piace o non mi piace, ma di testi su cui vi è stata una vera discussione, che hanno segnato il tempo, diviso l’opinione pubblica. Senz’altro M di Antonio Scurati (2019), Canale Mussolini di Antonio Pennacchi (2010) e soprattutto La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (2008). Alcuni, come Il colibrì di Sandro Veronesi (2020), Le otto montagne di Paolo Cognetti (2017), La scuola cattolica di Edoardo Albinati (2016), sono stati adattati per il cinema (in nessun caso un capolavoro), ottimi autori come Walter Siti nel 2013 - che infatti parlò di riconoscimento alla carriera ed Edoardo Nesi nel 2011 non hanno certo vinto con i loro lavori migliori.

USATO SICURO

Da troppo tempo mancano volumi all’altezza e il primo segnale è la prevalenza dell’editor sullo scrittore. Libri studiati a tavolino, insomma: lo zoccolo duro dei lettori è femminile, allora bisogna insistere su storie di donne, rivendicazioni, drammi familiari, violenze. Il lettore forte è di sinistra? E allora mettiamoci dentro l’antifascismo, la resistenza, la militanza rossa.

Tutti uguali, tutti intercambiabili, ma la letteratura non dovrebbe invece essere diversa e rompere con le convenzioni? Niente affatto, meglio puntare sull’usato sicuro, su schemi prevedibili e collaudati. I libri sono tutti uguali? Meglio così.

Giovedì sera, come previsto. Ha vinto Donatella Di Pietrantonio- non l’ho letto, non è obbligatorio - per distacco su Dario Voltolini - magari lo leggerò, anche se la figura del padre è un altro di quei refrain piuttosto battuti. Prevedibili anche il contesto e la confezione dello show televisivo in onda verso le 23 su Rai3, share del 2,6%, con il solo scopo di andare in uggia alla destraccia ignorante, incolta che non legge, non capisce, non è degna di considerazione. Tutti intercambiabili gli scrittori, seppur quest’anno vestiti dagli stilisti - Donatella Di Pietrantonio in Etro, la più sciccosa Chiara Valerio in Dior vera protagonista la conduttrice Geppy Cucciari, che riconfermata alla conduzione dopo la criticabile performance dello scorso anno, ha usato l’intera ora di programma per manifestare il suo livore verso gli “altri”, gli inadeguati, distribuendo freddure all’arsenico e battute di dubbio gusto, imparate a memoria citazioni dotte per far capire che sì, lei legge davvero, lei sa.

Cucciari ormai fa la corsa su Gene Gnocchi, comici che non fanno ridere. Finge di confondere sinistra e destra, supportata dalla spalla Pino Strabioli, insinua tentativi di censura, spiega che gli applausi sono veri, fa parlare solo gli amici suoi. Più volte fa notare l’assenza del ministro o di altri rappresentanti della cultura al governo - non può esimersi, a fatica, di concedere qualche secondo a Federico Mollicone. Provi a rispondere a una domanda retorica: perché mai una figura istituzionale dovrebbe presenziare a una cerimonia dovendo difendersi da scherni e sprezzi? Anche io al suo posto sarei andato altrove.

USO POLITICO

In Rai solito uso politico della tv pubblica: ma un premio letterario non dovrebbe essere una cosa seria? Non sarebbe meglio ascoltare gli scrittori (non brillantissimi, per la verità) piuttosto che le solite barzellette raccontate da oltre un anno e mezzo? La pessima conduzione fa il paio con una regia francamente imbarazzante, assente il copione, chi sale sul palco impalla un altro, gli operatori mancano le inquadrature delle persone chiamate in causa (del papà della Valerio si vede solo un pezzo di cappello), mentre Voltolini parla il microfono resta aperto su chi sta leggendo i voti. Un disastro totale, va bene che è sera tardi, che in pochi restano a casa per seguire il finale più prevedibile degno degli ultimi Festival di Sanremo, ma lo Strega è pur sempre il primo premio letterario italiano e dunque meriterebbe più cura, più rispetto, più attenzione. Il problema sta proprio nella sciatteria di certa para-cultura, e non bastano i look di grandi stilisti per coprire brutture e maleducazione.

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