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Pietro De Leo: per il Pd l'Autonomia era "una svolta storica"

di Pietro De Leo domenica 7 luglio 2024

3' di lettura

Il Pd ha trovato nella contrapposizione all’autonomia differenziata la prima pietra con cui tentare di metter su il campo largo del centrosinistra. La foto di gruppo alla consegna del quesito referendario affianca di tutto, dal Segretario della Cgil Maurizio Landini a (addirittura) la renziana Maria Elena Boschi. E ripropone persino il revival di personalità dei tempi che furono, come Rosy Bindi. Elly Schlein, che posa accanto Giuseppe Conte, scena difficilmente immaginabile appena qualche settimana fa, è sicuramente la playmaker di tutto questo.

Però la legge dell’archivio non mente mai. E allora ecco che Fratelli d’Italia, nel proprio account Instagram, propone una serie di screenshot sui post social del Pd all’epoca in cui era, invece, favorevole all’autonomia. “Quale Pd preferite? Quello pro o contro l’autonomia?” scrivono dal partito di Giorgia Meloni irridendo i dem. E allora ecco la carrellata, con tanto di date in evidenza.

I POST DEI DEM
Il 13 settembre 2019 veniva rilanciato, sul profilo twitter (si chiamava così) dei Dem, un estratto di un’ intervista al Corriere della Sera di Francesco Boccia, a quei tempi ministro per gli affari regionali e le Autonomie. Ecco cosa diceva l’attuale capogruppo al Senato: «Vorrei che l’Autonomia diventasse un nuovo patto sociale per la lotta alle disugaglianze, al Nord come al Sud». Ancora Boccia, stavolta il 5 ottobre: «Autonomia significa migliorare la fruizione dei servizi dei cittadini in base a priorità ed esigenze del territorio e garantire un livello di prestazioni minimo». Andando indietro di un anno, poi, ecco Stefano Bonaccini, reduce dalla firma dell’accordo preliminare dell’Emilia Romagna (che guida dal 2014) con il governo per ottenere più autonomia. «Un accordo di portata storica che verrà sottoscritto per la prima volta in Italia, a beneficio di una Regione con i conti in ordine», diceva colloquiando con Democratica, testata digitale del Pd oggi non più attiva.

Ci siamo poi presi la briga di fare qualche ulteriore incursione su google, ed ecco un passaggio di un’intervista a Repubblica appena appena autocelebrativa: «Mi si dia atto che sull’autonomia ho ottenuto quanto Lombardia e Veneto senza spendere i 20 milioni del referendum». Non ci vuol molto a capire, quindi, che l’attuale presidente del PD era in quei mesi perfettamente allineato sul tema con i colleghi Presidenti di Regione leghisti. Dal quadro esce una certa volubilità delle posizioni.

Ieri, il confronto sul tema ha continuato a essere intenso. Peppe De Cristofaro, numero uno di Alleanza Verdi-Sinistra al Senato, ha attaccato: «L’autonomia differenziata è la secessione dei ricchi, e il premierato è la democrazia del capo assoluto. Questa deriva noi non la permetteremo». Il Presidente della Puglia Michele Emiliano, intervenendo a “Forum in Masseria” a Manduria ha osservato: «In alcune materie come scuola e sanità, approfittando di bilanci ordinari molto più ricchi di quelli del sud, il rischio è che si stabilisca una retribuzione aggiuntiva di medici, infermieri e insegnanti che possa portare via tutto il capitale umano del Mezzogiorno in sanità e scuola. Sarebbe un fatto gravissimo». Di «battaglia per la democrazia» ha parlato anche il leader Cgil Maurizio Landini e di battaglia «per l’unità d’Italia», invece, il governatore della Campania Vincenzo De Luca.

LA POSIZIONE DI AZIONE
Mentre dal leader di Azione Carlo Calenda arriva un distinguo: «Il referendum sull'autonomia lanciato da Landini ed entusiasticamente rilanciato da tutte le forze di opposizione tranne Azione, è sbagliato per ragioni pragmatiche. Per raggiungere il quorum dovremmo portare a votare tredici milioni circa di italiani in più rispetto a quelli che hanno votato alle europee i partiti che lo propongono. Di fatto hanno scelto il campo più vantaggioso per la destra per combattere questa battaglia». Al di là di questo assicura: «Quando il referendum ci sarà voteremo per l'abolizione dell'autonomia».

Invece torna a difendere la riforma il suo “padre politico”, il ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli: «Ho fatto una legge che vuole rimettere insieme un Paese che è già a pezzi, - ha spiegato al Corriere della Sera - per garantire i diritti civili e sociali che oggi non sono garantiti, per risolvere le questioni settentrionale e meridionale. E loro, i referendari che cosa dicono? Aboliamo tutto».

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