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Calessi: Schlein, Calenda e Conte, figuraccia in pubblico a Cernobbio

di Elisa Calessi lunedì 9 settembre 2024

3' di lettura

La politica estera, dalle armi all’Ucraina alle prossime elezioni negli Stati Uniti, già incrina quel campo largo che, quest’estate, sembrava aver trovato una imprevista vitalità. È bastato un forum a Cernobbio, rituale appuntamento degli imprenditori, chiuso ma con una platea troppo numerosa per rimanere riservato, per misurare le distanze.

Del resto, le differenze sono anche nel Pd, dove alla linea della maggioranza, contraria all’utilizzo delle armi fornite a Kiev per colpire i russi oltre il confine, risponde la voce dei riformisti, sempre più forte nel chiedere un sostegno convinto all’Ucraina, senza “se” e senza “ma”. La faglia attraversa il Pd e separa Azione e Italia Viva da una parte, M5S e Alleanza verdi e sinistra dall’altra.

E il Forum Ambrosetti, ieri, ha squadernato queste differenze, durante un dibattito a porte chiuse tra Elly Schlein, Giuseppe Conte e Carlo Calenda. Il leader di Azione, a domanda, ha spiegato che «gli ucraini stanno combattendo per tenere Putin lontano dall’Europa» e se questo «può dare difficoltà di business a qualcuno», non basta a ritirare il sostegno a Kiev. «Putin non sta attaccando l’Ucraina e basta ma sta cercando di minare le nostre democrazie e va fermato». «La difesa si fa sul territorio ucraino e anche colpendo in modo delimitato obiettivi militari da cui partono gli attacchi».

Di tutt’altra opinione il leader del M5S, Giuseppe Conte, secondo cui il conflitto, con le conseguenze che sta avendo sull’economia, rischia di far perdere competitività agli imprenditori e una vittoria militare dell’Ucraina sembra non essere alle porte. Per questo bisogna «che le due parti si accordino per la pace, bisogna imporre una soluzione negoziale per fermare questo drammatico conflitto». Elly Schlein, stretta tra due fuochi, ha evitato di esprimere un parere sull’utilizzo delle armi ucraine in territorio russo, ma ha confermato il sostegno senza se e senza ma all’Ucraina. Piuttosto, la segretaria ha toccato il tema della guerra a Gaza dicendo che come Israele ha il diritto a vivere in sicurezza così anche la Palestina.

Distanze, poi, sono evidenti anche rispetto alle elezioni americane. Nel Pd, così come in Azione e a Italia Viva, non piace l’«equidistanza» di Conte fra i due candidati alla Casa Bianca. Ma il leader del Movimento 5 Stelle non ha intenzione di cambiare linea: «Se non appoggi Harris, ti fanno il test di progressismo», ha detto alla festa nazionale del Pd, tre giorni fa: «Harris ha responsabilità sulla linea Usa in Medio Oriente. Io sono per misurare la Harris, se dovesse vincere le elezioni, quando imposterà un percorso di pace». E ieri ha ribadito che non si può definire «un pericolo per la democrazia» chi è eletto legittimamente dai cittadini.

Renzi non si è fatto scappare l’occasione: «Conte fa il tifo per Donald Trump, io per Kamala Harris. Conte ha difeso Sangiuliano, io ne ho chiesto le dimissioni. Conte ha portato i soldati russi in Italia durante il Covid, io ho portato Mario Draghi a Palazzo Chigi. Non prendiamo lezioni di etica da chi diffonde fake news».

E alla politica estera, si aggiunge il dossier energia. A ricordare che anche qui le differenze sono profonde sono stati, ieri, Calenda e Angelo Bonelli, con un botta e risposta sull’energia nucleare. «Azione», ha detto l’ex ministro dello Sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni, «non entrerà in una coalizione in cui non ci sono idee chiare su come affrontare la transizione energetica, superando il Green Deal, e optando per il nucleare». Risposta di Bonelli: «Se proprio lo vuole, il nucleare, può anche allearsi con la destra».

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