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Alessandro Gonzato: femministe e Lgbt in piazza per la Palestina che segrega le donne e disprezza gli omosessuali

di Alessandro Gonzato giovedì 3 ottobre 2024

4' di lettura

Roma, sabato 5 ottobre, dopodomani. I gruppi Lgbt inneggeranno alla Palestina dove lesbiche, gay, bisessuali e transgender vengono perseguitati e scappano in Israele, contro cui gli stessi gruppi Lgbt vomiteranno odio. Lo hanno già fatto sabato scorso, anche a Milano, dove i paladini dei diritti, capeggiati da Chef Rubio, hanno celebrato un minuto di silenzio in onore di Hassan Nasrallah - l’ex capo Hezbollah ammazzato da Israele – il cui proclama era «ogni omosessuale va ucciso, le relazioni omosessuali sono un vero pericolo».

Tra questi gruppi che parteciperanno alla manifestazione non autorizzata del 5 ottobre - immaginiamo pure cori a sostegno dell’Iran - segnaliamo “Campo Innocente” («Anche se è vietato andiamo a Roma, non un passo indietro») e “Inclusiv*- community intersezionale”. Che poi Israele sia l’unico Paese di quella parte del mondo che rispetta le comunità Lgbt, beh, per le zucche vuote ornate di kefiah è un dettaglio. A esaltare la Palestina dove le donne vengono trattate peggio delle bestie ci saranno anche le femministe di “Non una di meno”, e fa nulla se là gli abusi sessuali sono tollerati; se lavora solo una donna su dieci; al diavolo se per i sanguinari di Gaza la peste suina «è stata colpa delle donne».

Sabato sarà passato un anno meno due giorni dal massacro di Hamas del 7 ottobre: centinaia di morti, stupri, rapimenti. Dicevamo di Chef Rubio il quale si chiama Gabriele Rubini, conduceva “Unti e Bisunti” e “Camionisti in trattoria”, e poi ha iniziato a dire – questa è del 4 agosto – che «i giornalisti devono avere paura di andare al lavoro ogni giorno», che «devono temere per l’incolumità dei figli». La speranza è che l’arma, eventualmente, sia l’alito dello chef caricato a trippa e birra.

Odori a parte, c’è il serio rischio che sabato a Roma qualcosa di serio capiti: per rendersene conto basta consultare i profili social di alcuni partecipanti che animeranno il caravanserraglio di oltre cento sigle. Ci sarà tale Paola per la quale gli ebrei «andavano lasciati in pace nei campi di concentramento»: la signora ripubblica a raffica post di Giuseppe Conte e Chef Rubio, onnipresente nelle bacheche degli intellettuali. Ci sarà, pare di capire, un’altra ragazza che avvisa: «Per chi vuole partecipare, attenti, non sarà un corteo tranquillo».

La manifestazione, vietata dalla questura – gli odiatori di Israele hanno fissato il ritrovo alle 14 in piazzale Ostiense – è stata lanciata dai Giovani Palestinesi d’Italia e dall’Unione Democratica Arabo-Palestinese. Quest’ultima ha presentato ricorso al Tar contro il divieto al corteo: «È una decisione politica, non di ordine pubblico», ha tuonato il portavoce, Khaled El Qaisi. Questo invece l’avvertimento del questore, Roberto Masucci, ieri in conferenza stampa: «Vige il divieto, e il nostro atteggiamento sarà di assoluto rigore. Allo stesso tempo ci sono spazi di dialogo e collaborazione per organizzare con altri tempi e modalità le manifestazioni di libero pensiero, come abbiamo sempre fatto. Invito le persone», ha sottolineato, «a partecipare alle iniziative legali: farlo in una giornata in cui è vietato significa infrangere la legge».

Il grido dell’Unione Democratica Arabo Palestinese è «tutt* a Roma nonostante il divieto, per info contattaci in privato». Asterischi inclusivi ovviamente. I Giovani Palestinesi pubblicano le adesioni giunte finora. Oltre a quelle citate spiccano: “Assemblea di Autodifesa dagli Sfratti-Roma”; “Je So’ Pazzo” (Napoli); “Mensa Occupata” (sempre di Napoli come il “Movimento Migranti e Rifugiati”); “Movimento per la Lega Marxista-Rivoluzionaria”; “Panetteria occupata” (Milano); “Proletari comunisti”; i seguaci della “Rivista Il Bolscevico”.

Tra i gruppi più conosciuti figurano gli immancabili “Movimento No Tav”, “Potere al Popolo” e gli attivisti di “Ultima Generazione”, i quali orfani della profetessa Greta Thunberg che sta trascurando l’ambiente per seguire la causa anti-Israele (l’adolescente ora sfila dietro a furgoncini a benzina con altoparlanti alimentanti a energia elettrica) – l’Ultima Generazione dicevamo si è adeguata all’ex oracolo.

Nelle discussioni sui social in vista del 5 ottobre troviamo messaggi di questo tipo: «Dona soldi oppure trova il modo per andare in jihad fi Sabilillah (“nel sentiero di Dio”, ndr). Mischiarvi e urlare “free Palestine” per quanto sia un gesto bello si può trasformare in una carneficina per fratelli e sorelle, soprattutto sorelle». Lo stesso utente, tale “omega”, approfondisce: «Secondo gli ulama (i dotti musulmani, ndr) il mixing tra uomini e donne con musica non è permesso. Se la protesta è di soli uomini senza musica va bene. Devi prima vedere le regole dell’Islam e poi vedi le proteste. Possono essere pericolose se non consentite, e le donne sono in pericolo». La sinistra non ha condannato il minuto di silenzio per il terrorista Nasrallah né l’invito a identificare con lo spray le case degli «agenti sionisti». E anche in vista di sabato, per paura di perdere voti, Pd e compagni restano in silenzio.

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