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Iacometti: L'economia frena, è colpa dell'Europa

di Sandro Iacometti venerdì 14 febbraio 2025

4' di lettura

Nessuno nega che la manifattura Italia sia messa male, per carità. Il 23esimo risultato negativo della produzione a dicembre, con un meno 3,5% su novembre e un -7,1% sul 2023 è un dato preoccupante che richiede grande attenzione. Ieri, però, Eurostat ha fatto il punto sulla produzione nel Vecchio Continente. E i numeri dimostrano con una certa chiarezza che il problema non è il governo Meloni o l’Italia, ma l’Unione europea e la sua capacità di tenere il passo con l’economia mondiale. Il dato, nettamente peggiore delle previsioni, registra per l’eurozona un calo su novembre dell’1,1% e del 2% rispetto a novembre 2023.

Nulla in confronto a noi, si dirà. Però se si guarda l’indice che prende come base il 2021, pubblicato sempre da Eurostat, si può vedere che la flessione è stata generalizzata. La media dell’eurozona è infatti a 95,7, con l’Italia che è scesa a 91,3, la Francia che ha resistito a 99,9 e la Germania che è crollata a 89,5, sotto di noi. sarà un caso, ma l’economia tedesca, che una volta trainava il Vecchio Continente, è quella che, come noi, è stata colpita più duramente dalla crisi dell’automotive ed è quella con cui i nostri scambi commerciali sono da sempre più intensi. Ebbene, la notizia di ieri è che la Germania potrebbe chiudere il 2025, per il terzo anno consecutivo, in recessione. Secondo il sondaggio congiunturale condotto dalla Camera di commercio e industria tedesca (Dihk) il pil chiuderà a -0,5%. Questo ci riconduce all’andamento della crescita, che per l’Eurozona nel 2024 si dovrebbe fermare allo 0,7%. Una media che comprende il -0,2% della Germania e il +0,5% della Francia e dell’Italia. Si tratta di stime, ovviamente, su cui potrebbero esserci anche delle novità. Come quelle, ad esempio, annunciate ieri da Giancarlo Giorgetti. «Ho sempre ribadito che le sorprese positive si riferiscono ai dati della finanza pubblica. Questo tra qualche settimana troverà conforto», ha detto il Ministro dellEconomia e delle Finanze, lasciando intendere che potrebbero anche arrivare buone notizie.

Il problema è che la competizione in Europa, con l’Italia va detto che per la prima volta da decenni è in grado almeno di giocarsi la partita, è diventata una gara tra poveri. Siamo lì a contenderci gli zero virgola o a piangere sui segni meno, consolandoci con il fatto che c’è stata la pandemia, ci sono le guerre e la crisi mondiale. La realtà è che basta guardare dall’altra parte dell’Oceano per capire che le difficoltà ci sono solo per noi. Il Pil degli Usa nel 2024 è cresciuto del 2,8%, dopo una crescita del 2,5% nel 2023. In Europa la crescita nel 2023 è stata dello 0,5%.

La domanda, a questo punto, è: perché noi dopo il rimbalzo mondiale delle crescita seguito all’anno del Covid non siamo riusciti a tenere il ritmo? Sgombriamo il campo dalla partigianerie, perché stiamo parlando di un’America guidata da Joe Biden. Vedremo ora quale spinta sarà in grado di imprimere Donald Trump con le sue politiche che ieri hanno avuto il primo assaggio con un bel piano per tagliare le tasse di ben 4.500 miliardi. Ma al di là di chi c’è al timone, rispetto all’Europa gli Usa hanno sempre una marcia in più. Per riprenderci dal Covid noi abbiamo messo sul piatto il Next Generation Ue da 750 miliardi. Negli Stati Uniti si stima che gli aiuti a famiglie e imprese abbiano superato i 5mila miliardi di dollari.
Però non è questo il punto. La questione è strutturale. E lo stiamo vedendo proprio in questi giorni con i piani annunciati dalla nuova commissione (stessa presidente). Pensavamo che la lezione fosse servita. Che la proliferazione di norme e regolamenti, che l’ossessione ambientalista, che l’eccesso di burocrazia e la smania impositiva avessero già provocato abbastanza danni. E invece il nuovo “governo” di Bruxelles sembra intenzionato a procedere nella stessa direzione. Ci sarà un motivo per cui in Europa le imprese per avere prestiti e liquidità devono affidarsi alle banche e non, come avviene in America al private equity e ai fondi d’investimento. Ci sarà un motivo per cui l’Europa è l’unico Paese occidentale dove Apple ha deciso di distribuire i suoi iPhone senza l’intelligenza artificiale. Ci sarà un motivo per cui noi continuiamo a puntare su pale eoliche e panneli fotovoltaici mentre negli Usa si spaccano le pietre per estrarre più idrocarburi possibili. Ecco, quel motivo è che l’Europa, per motivi culturali, religiosi, politici, ha progressivamente perso il contatto con la realtà. E il bello è che non sembra avere alcuna voglia di recuperarlo. Pragmatismo, deregolamentazione, rispetto sacro della proprietà privata e dell’individuo, venerazione delle libertà, voglia di rimboccarsi le maniche sono solo alcuni degli ingredienti che fanno grande (again) l’America e che noi ci ostiniamo a non usare.

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