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I tecnici? Hanno le mani bucate:spendono più dei politici

Sorpresa: nei primi tre mesi dell'anno la spesa pubblica, al netto degli interessi sul debito, è salita al 3% del Pil a 11,4 mld
di Andrea Tempestini domenica 8 luglio 2012

3' di lettura

  Il governo dei Professori incontra qualche difficoltà a tagliare ma, quanto a spendere, non ha niente da invidiare ai precedenti. Il verdetto viene da una fonte insospettabile come l’Istat nel rapporto: “Conto economico delle amministrazioni pubbliche” relativo al primo trimestre.  Numeri, tabelle, grafici dal contenuto iniziatico. La conclusione però è indiscutibile: nel primi tre mesi dell’anno la spesa pubblica è cresciuta di 11,4 miliardi con un incremento dell’1,5%. Poi, ovviamente, la possiamo mettere come vogliamo. Che il primo trimestre è tradizionalmente negativo. Lo Stato sta sulle spese aspettando  gli incassi dell’Irpef che arrivano a giugno. E che comunque a marzo i Professori erano appena arrivati e non avevano avuto ancora modo di incidere sui meccanismi di spesa come stanno facendo adesso con la “spending rewiew” (con risultati ancora tutti da vedere).  Tuttavia il dato resta: forte e inoppugnabile. Fino a marzo le capacità di incidere sul granito della spesa pubblico da parte del governo dei Professori aveva ottenuto risultati modesti. Anzi, facendo bene i conti,  avevano speso più di quanto non avessero fatto Berlusconi e Tremonti. Certo a giugno i risultati sembrano essere migliorati. Dal ministero dell’Economia fanno sapere che il “rosso” fra entrate e uscite è calato di 15 miliardi da 43,9 a 29,1 miliardi. Un gran successo, non c’è che dire. Tuttavia è un dato che, così, non dice molto. Non spiega se il miglioramento è frutto della grandinata di nuove tasse (a cominciare dall’Imu) o di comportamenti virtuosi da parte della pubblica amministrazione. Visto l’andazzo, però, è forte il sospetto che sia vera la prima ipotesi. A rimettere in ordine i conti dello Stato, per il momento, è stato il diluvio di imposte. Per la virtù dell’amministrazione bisognerà aspettare. E anche parecchio tempo vista la timidezza con cui il governo si sta muovendo sul fronte delle Province, della sanità, degli organici ministeriali. Ubs, in uno studio recente,  fa sapere che, a fine anno, l’Italia avrà il saldo primario migliore d’Europa. Ancora di più della Germania. Vuol dire che le entrate saranno superiori alle uscite al netto della spesa per gli interessi. E’ il parametro fondamentale per valutare le condizioni di salute delle finanze pubbliche.  Secondo il colosso svizzero l’Italia dovrebbe stare fra trenta e quaranta miliardi (un paio di punti di Pil). Poi il bilancio verrà caricato dagli interessi e andrà in negativo di un paio di punti (ma il governo spera ancora di fermarsi all’1,5%). Tutti questi  sono pronostici. Speriamo che vada così, ma non è detto. Un dubbio che deve essere venuto anche a Palazzo Chigi tanto che lo spauracchio del nuovo aumento Iva non è stato abbattuto ma spostato a luglio quando in Parlamento ci sarà un nuovo governo e una nuova maggioranza.  I dati di marzo preparati dall’Istat offrono un panorama piuttosto devastato. L’avanzo primario è negativo per il 3% del Pil ed è il risultato meno brillante degli ultimi tre anni. Solo marzo 2009 (-5%) era stato peggiore. Ma bisogna ricordare che la ferita di Lehman (settembre 2008) era freschissima e Tremonti aveva messo in campo le prime munizioni per fronteggiare lo tsunami partito da Wall Street. Ma c’è di più: il debito rispetto al Pil, nel trimestre, è arrivato alla vetta dell’8% mentre la soglia della virtù voluta a Maastricht sta al 3%. Anche in questo caso valgono le solite avvertenze riguardanti lo sfasamento dei tempi fra spese e incassi. Anche in questo caso, però, il paragone è inoppugnabile: solo il primo trimestre 2009 (-9%) era stato peggiore. Certo oggi come allora la recessione morde. Il 2009 era stato un anno tremendo: il Pil, che rappresenta un po’ il fatturato di uno Stato, era sceso del 5,1% il dato peggiore dal 1971. Il 2012 sarà non meno complicato. Resta il fatto che di troppo rigore si può anche morire. Ancora l’Istat: le entrate sono scese a marzo dell’1% a causa delle recessione e dell’innalzamento dei tassi sui titoli di Stato.  Contemporaneamente le spese in conto capitale che danno la misura degli investimenti, sono calate del 19,9%. Ecco perchè non vorremmo che, alla fine, all’economia italiana si dovesse applicare una delle sentenze immortali da Jacques Chabannes de La Palice: «Il malato non soffre più. Infatti è morto». di Nino Sunseri  

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