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Matteo Renzi, i ministri con cui si vuole "suicidare"

di Andrea Tempestini domenica 16 febbraio 2014

3' di lettura

Il rumore del toto-ministri, di minuto in minuto, si fa sempre più assordante. Le voci si rincorrono impazzite, nuovi nomi spuntano come funghi (ora pure quello di Luca Cordero di Montezemolo), ma l'ultima, definitiva, parola verrà messa solo quando Matteo Renzi consegnerà la lista della sua squadra in mano a Giorgio Napolitano. Eppure, nella selva di soffiate e indiscrezioni, sembrano esserci alcune certezze, più o meno granitiche, ed è su (alcune) di queste che è opportuno concentrarsi. Il "rinnovatore" - Il termine "rottamazione", all'ormai ex rottamatore, non piace più. "Troppo aggressivo, non piace alla gente", spiegò tempo fa. Meglio "rinnovamento". Ha un suono migliore, più lirico. D'altronde, Renzi, ha fatto del rinnovamento il suo marchio di fabbrica, la sua cifra stilistica. Eppure, la manovra di palazzo dal sapor di prima Repubblica con cui si è intestato il titolo di premier, anche ai meno smaliziati, pare in netta contrapposizione con quell'etichetta di rinnovatore. Eppure, nella sua squadra di ministri, con tutta probabilità ci saranno parecchi nomi che con il rinnovamento hanno ben poco a che spartire. Qui sono, qui resto - Non è tanto per Montezemolo (qualora confermato), ché mister Ferrari, per quanto non di primissimo pelo, con la politica attiva - per quanto possibile - non ci ha avuto troppo a che fare. I dubbi sorgono, piuttosto e per esempio, quando si scopre che Angelino Alfano avrà un ruolo centrale anche nel nascituro esecutivo: se Ncd appoggerà Renzi, l'ex delfino del Cavaliere resterà vicepremier. Si diceva che fosse pronto a rinunciare agli Interni, eppure gli ultimi boatos di stampa fotografano una sitauzione ben differente: Angelino avrebbe puntato i piedi, vorrebbe tenersi anche il Viminale insomma. Renzi, però, il Viminale lo vorrebbe dare a un'altro nome che col rinnovamento, per dirla alla Di Pietro, non c'azzecca proprio: Dario Franceschini. Per quanto anagraficamente non improponibile, il barbuto ex margheritino sa di stantio: è alla quarta legislatura ma, soprattutto, con i suoi continui voltafaccia (democristiano, veltroniano, bersaniano, lettiano e ora renziano) incarna alla perfezione quella politica degli intrighi che col rinnovamento di matrice renziana - "io faccio tutto alla luce del sole" - collide frontalmente. Old men - Tra i Renzi-boys (o meglio, Renzi-old men), ben saldo alle Infrastrutture, dovrebbe trovare spazio anche Maurizio Lupi, il ciellino che proprio di primo pelo non è (anche lui alla quarta legislatura, anche lui uso a cambi di bandiera). E ancora, ecco spuntare un vecchio lupo rosso, Guglielmo Epifani, anni 64, sì alla prima legislatura ma da una vita intera nei palazzi del potere (e soprattutto nei sindacati: fu intransigente segretario della Cgil dal 2002 al 2010). Per inciso, Epifani è dato in quota ministero del Lavoro, e ci si interroga su come un ex segretario Cgil possa innovare l'italico e ingarbugliato mondo del lavoro. Ultima ma non ultima, Emma Bonino, anni 66, delle legislature s'è perso il conto, volto tra i più stagionati del nostro Parlamento e un'esperienza alla Farnesina con l'esecutivo Letta tutt'altro che brillante. E' questo il rinnovamento, signor Renzi? di Andrea Tempestini @antempestini

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