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Governo, l'idea di Matteo Renzi: via l'articolo 18, niente reintegro, sì a indennizzi e più garanzie per tutti i lavoratori

di Giulio Bucchi domenica 21 settembre 2014

3' di lettura

Via l'articolo 18, via l'obbligo di reintegro. In cambio, tutele estese a tutti i lavoratori (non solo a tempo indeterminato) su malattie, ferie, cassa integrazione, maternità. E' il programma di Matteo Renzi per l'autunno, un cambio di registro che sa tanto di sfida totale. Più che alla crisi, una sfida al Pd o perlomeno a quella parte dei democratici più conservatrice e legata alla linea dura della Cgil. Non a caso, l'annunciato passaggio alla flexicurity, un modello "danese" (flessibilità del posto di lavoro combinata a più garanzie per i lavoratori) che ha ispirato anche Pietro Ichino, ha già fatto arrabbiare e non poco i pasdaran dei sindacati dentro Largo del Nazareno, da Stefano Fassina a Cesare Damiano. Entrambi sono decisamente combattivi nel merito (l'articolo 18 non si tocca, anche se evitano di ricordare che è già stato depotenziato dalla riforma Fornero) e nella forma, visto che il premier ha già fatto capire ai suoi che o si va avanti con la riforma radicale del lavoro, trovando un accordo al rialzo dentro al partito e nel Parlamento, oppure ci penserà il governo, con un decreto dall'alto, a zittire proteste e resistenze. "E' inaccettabile un diktat sullo Statuto dei lavoratori", incalza Fassina su Repubblica, mentre il senatore Felice Casson già annuncia battaglia: "Con noi ci sono anche i bersaniani". Una minaccia di frattura interna cui fa eco un altro ribelle come Corradino Mineo: "Noi la battaglia la faremo eccome. Non faremo a Renzi il favore di andarcene, sarà lui se vuole a doverci cacciare". Via il reintegro, sì all'indennizzo - Già nei suoi interventi alla Camera e al Senato, Renzi è stato chiaro: "Sono qui per fare le riforme. Se non ci state, andiamo a votare". E come da tradizione della sinistra, chi osa toccare l'articolo 18 deve mettere in conto il rischio di lasciarci le penne. Anche se vista la situazione generale, forse il premier conta che la situazione si sia rovesciata: basta feticci, a rischiare grosso adesso è chi si metterà di traverso per difendere un totem sempre più anacronistico anche agli occhi degli stessi lavoratori che vedono diritti sempre più col binocolo, articolo 18 o meno. Di fronte a un mercato del lavoro che penalizza i giovani e lascia a casa il 37% dei cittadini in età da lavoro, tra i 18 e i 64 anni (meno di Spagna e Grecia, perché i numeri dell'Istat sulla disoccupazione non dicono tutta la verità), superare il divieto di licenziare e l'obbligo di reintegrare applicato alle aziende superiori ai 15 dipendenti sta diventando di fatto obbligatorio. "L'obbligo del reintegro - spiega Renzi ai suoi - sarà sostituito da un indennizzo, tanto più alto quanto più alta sarà l'anzianità del lavoratore". Contestualmente, l'obiettivo sarà quello di "ridisegnare gli ammortizzatori sociali" con più garanzie per tutti i lavoratori, non solo dipendenti a tempo indeterminato. Un'apertura all'ala "rossa" del Pd, ai sindacati e magari pure ai 5 Stelle con il loro reddito di cittadinanza. Certo, resta il grande dubbio: dove trovare i soldi per migliorare il Welfare e portarlo agli standard europei (in primis della Danimarca presa a modello) quando gli 80 euro sono ancora oggi perennemente a rischio taglio per il prossimo anno?

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