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Giuseppe Conte, la Libia lo accusa: è lui il responsabile. Il "pasticcio" solo per rubare la scena a Di Maio

di Cristina Agostini domenica 12 gennaio 2020
3' di lettura

Ma cos'è successo mercoledì pomeriggio? Com'è possibile che un doppio incontro internazionale - Conte con Haftar e Sarraj - programmato da giorni per riportare l'Italia al centro della crisi libica si sia trasformato in una sorta di boomerang che ha gettato nel ridicolo quel che ancora resta della reputazione all'estero del nostro Paese? All'indomani del fattaccio è tutto un susseguirsi di retroscena e di smentite. Il presidente del Consiglio che rivendica quanto di buono comunque ha fatto (cosa sia di preciso è difficile capirlo), il ministro degli Esteri Di Maio che rilascia un'intervista per dare l'impressione di difendere Conte e l'apparato diplomatico che guarda imbarazzato a quanto combinato dalle nostre prime linee. La verità però - secondo le fonti libiche vicine al dossier consultate da Libero - è che dietro al pasticciaccio (alla fine Conte ha incontrato prima il generale Haftar facendo infuriare Sarraj, il presidente del governo riconosciuto di Tripoli) ci sarebbe proprio la smania di protagonismo dei due rappresentanti del governo italiano. BRUTTA FIGURA - Volevano entrambi intestarsi la vittoria riappacificando i due contendenti, ma poi visto com'è andata hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco per cercare di minimizzare la sconfitta e simulare la condivisione dei demeriti. Ma tra i due è stato proprio Conte a commettere l' errore più grossolano, nonostante i tentativi di chi gli era vicino, diplomatici in primis di dissuaderlo. Vediamo. Leggi anche: "Più sbarchi in una settimana e mezza che in tutto gennaio". I dati terrificanti dei giallorossi Per ricostruire la verità forse ha più senso partire dall'attualità e dalle conseguenze del flop italiano. L'attualità ci dice da un lato che Haftar, nonostante l' incontro con il nostro presidente del Consiglio, ha rigettato qualsiasi proposta di tregua, insomma il suo attacco alla conquista della Libia continua, e dall'altro che Palazzo Chigi è ancora in attesa di una telefonata chiarificatrice da parte del governo di Sarraj che però a due giorni di distanza dall' incontro saltato non è ancora arrivata. Insomma, Haftar se ne frega dell' Italia, mentre Sarraj è infuriato con i nostri come e più di prima, costretto a rimpiangere i "bei" tempi in cui Minniti prima e la coppia Moavero-Salvini poi lo consideravano come l' interlocutore privilegiato a Tripoli e dintorni. Proprio un bel risultato. TUTTO PROGRAMMATO - A quanto risulta a Libero lo scorso mercoledì era tutto programmato. Il nostro presidente del Consiglio doveva incontrare prima Sarraj e poi al mattino del giorno dopo il generale Haftar. A sparigliare il campo sarebbe stato proprio Conte che per prendersi la ribalta rispetto a Di Maio - che nel frattempo in qualità di ministro degli Esteri stava trattando con Francia, Egitto, Grecia e Cipro sull' altro tavolo libico al Cairo - decide di mettere sullo stesso piano i due leader. Anzi, prima vorrebbe provare a convincere l' uomo forte della Cirenaica che sta mettendo a ferro e a fuoco i territori del governo libico riconosciuto dall' Onu a siglare la pace e poi vorrebbe incontrare Sarraj che secondo il premier rappresenta la parte più malleabile della coppia. Nelle intenzioni dell' avvocato del popolo sarebbe una mossa da grande statista, nella realtà si rivela un autogol clamoroso, tant' è che ancora ieri Conte era in attesa di un segnale distensivo, una telefonata da parte di Sarraj. E non ha certo contribuito a rasserenare gli animi l' ultima notizia. La visita in Italia di Haftar, infatti, è stata preceduta di pochi giorni da incontri a Roma tra esponenti di primo piano della Farnesina e dell' intelligence ed Aref Ali Nayed, inviato speciale di Abdullah al-Thinni, premier del governo con sede nella Libia orientale che sostiene proprio il generale Haftar. Alla fine comunque l' ultimo invito di Conte ha avuto successo: oggi i due dovrebbero rivedersi a Palazzo Chigi. Sempre che al capo del governo non venga in mente un altro colpo di genio. di Tobia De Stefano

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