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DECADENZATravaglio gode: "Ciao ciao Silvio"Belpietro e Sallusti: "Pagheranno gli italiani"

Gli editoriali del Fatto, Libero e Giornale sull'ultimo giorno del Cav in Parlamento
di Nicoletta Orlandi Posti sabato 30 novembre 2013

Ferrara, Travaglio, Sallusti, Belpietro

3' di lettura

E' il giorno della decadenza di Silvio Berlusconi e l'editoriale di Marco Travaglio non poteva che essere un amarcord della carriera politica del Cav tagliato per giustificare il titolo della spalla del Fatto Quotidiano: "Vent'anni di decadenza". Travaglio infatti ricorda infatti solo i fatti che gli servono per sostenere la sua tesi: ovvero che il Caimano ora non vuole mollare le Camere, quelle stesse Camere che ha sempre odiato e ha utilizzato per le fiduce, le leggi ad personam e gli insulti ai nemici. Si parte dall'inaugurazione della Standa a Casalecchio sul Reno, era il 23 novembre '93, quando Berlusconi annunciò il suo appoggio a Fini contro Rutelli che si giocavano al ballottaggio la poltrona di sindaco di Roma. "Forza Italia è pronta da mesi", ricorda Travaglio. "Marcello Dell’Utri ci ha lavorato da par suo. Il primo a saperlo è stato Craxi, il 4 aprile. La Fininvest affoga nei debiti (2.500 miliardi di lire), il pool Mani Pulite ronza attorno al Cavaliere da un anno, arrestandogli un manager via l’altro. In estate, mentre ad Arcore impazzano i provini per i candidati (uno, per l’emozione, è caduto nella piscina), è stato avvertito anche Indro Montanelli: “Entro in politica, il Giornale sarà con me?”. “Te lo puoi scordare”.  Il 16 maggio 1994 Berlusconi entra per la prima volta al Senato. Da allora a oggi, scrive Travaglio "le apparizioni del Cavaliere in Parlamento saranno un po’ meno numerose dei suoi capelli veri, forse anche dei suoi processi. Quasi soltanto per le fiducie dei governi suoi e altrui, e per le leggi sugli affari suoi". "Oggi", conclude Travaglio godendo già a immaginare la scena, "salvo colpi di scena o di coda, o di mano, o di testa, o di sonno - Palazzo Madama voterà la sua decadenza. E, se sarà presente, i commessi lo accompagneranno all’uscita. Potrà rientrare fra sei anni, quando ne avrà 83. E l’ordine lo darà il presidente Piero Grasso, lo stesso che l’anno scorso voleva premiarlo per il suo indefesso impegno antimafia. A quel punto, al Caimano, verrà da ridere. O forse da piangere". "Non si illudano che un voto di decadenza possa impedire a Silvio Berlusconi di essere un leader politico di milioni di italiani che sperano ancora in un Paese libero e liberale", tuona invece Alessandro Sallusti dalle colonne del Giornale. Il direttore riempie l'articolo con una serie di avvertimenti ai detrattori del Cav che hanno spinto o anche solo permesso l'allontanamento di Berlusconi dal Parlamento: dalle procure di Milano e Napoli al presidente della Repubblica, da Letta e Alfano a al Pd, da Formigoni e Schifani a Saccomanni. "Nessuno si illuda di romperci i santissimi con la menata della stabilità", scrive Sallusti. "Non può esserci stabilità senza efficienza fiscale, libertà e giustizia". E infine si rivolge al leader di Forza Italia: "Non si illuda Silvio Berlusconi che tutto questo sia una passeggiata. Sarà dura, ma la sua gente non lo lascerà solo. Questo è certo". Maurizio Belpietro da parte sua mette in relazione la fiducia sulla Legge di Stabilità e il voto per la decandeza di Berlusconi ma solo per la fretta da parte della sinistra di liquidare il leader del centrodestra. "L’urgenza che ha imposto di approvare ieri sera la manovra", scrive il direttore nell'editoriale di Libero "è dovuta alla necessità di liberare l’aula di Palazzo Madama e poter montare in tempo il patibolo che questa sera giustizierà Berlusconi.  Ma l’impellenza ha portato a votare e approvare una brutta legge di stabilità, piena di trabocchetti e di tasse contro il ceto medio, una stangata che non poteva in alcun modo ricevere il sostegno di  onorevoli che si erano fatti eleggere promettendo una riduzione delle imposte". "Poteva votare Forza Italia una legge di stabilità simile?", si chiede alla fine Belpietro che fornisce nel suo editoriale anche la risposta: "Ovvio che no. Possono votare questa manovra i ministri ex Pdl e ora Nuovo centrodestra? A voi - e a loro - la risposta".

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