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Giuseppe Conte e il lockdown: dietro la Fase 2, il "colpetto di Stato" dei privilegiati

Iuri Maria Prado
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C' è sempre chi non soffre troppo quando un regime autoritario si impianta.
C' è sempre chi non è afflitto granché quando le libertà comuni sono revocate. C' è sempre chi assiste magari non compiaciuto, e però indifferente, quando il potere costringe i diritti elementari delle persone in un sistema repressivo.
Chi? I privilegiati. Che non sono soltanto i ricchi propriamente intesi, ma quelli che per rango corporativo, per appartenenza a questa o quella categoria protetta, per la propria militanza aggrappata al potere dello Stato, godono appunto del privilegio - fosse pure solo lo stipendio assicurato - di poter sopportare con noncuranza le limitazioni di vita invece tanto pesanti per gli altri.
È questo il motivo per cui i provvedimenti liberticidi approvati in modo perlopiù illegale dalla feccia che ci governa si sono imposti con tanta facilità: perché hanno usufruito del lasciapassare di quell' Italia privilegiata, che non ne soffriva.

 

 

 

Hanno infierito sulla libertà di movimento, sulla libertà di iniziativa economica, sulla libertà di associazione, sulla libertà di culto, mentre una propaganda ripugnante, tronfia, di classe, raccontava la felice inevitabilità di quei sacrifici dalla riposante quarantena delle belle case piene di wi-fi e design democratico. E da lì non solo vagheggiava le proprietà rigenerative delle libertà sequestrate («ne usciremo migliori»), ma si accaniva nella derisione razzista del volgare bottegaio, quello che per quanto ci si metta non vede proprio niente di cui compiacersi davanti alla prospettiva certa dei debiti e delle tasse che saranno la sua confortevole eredità in tempo di ripresa.
Non è vero che tutti hanno patito ugualmente il sacrificio delle libertà imposto dai provvedimenti per il contenimento dell' epidemia. Perché la libertà di fare due passi - che dovrebbe essere importante per tutti - è tanto più preziosa se serve a compensare lo squallore di un appartamento che non ha posto per tutte quelle belle librerie. O appunto la libertà di lavorare, che è tanto più urgente se serve a non fallire.
E magari la libertà di far quattro chiacchiere con qualche tuo simile, senza gli elicotteri che ti girano sopra la testa e senza l' obbligo di ascoltare gli ammonimenti del governo che ti imprigiona per il tuo bene.
Tutte libertà di cui si sente meno il bisogno da parte di quelli che con la fase due riprenderanno a vivere nel privilegio di prima.

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