Onorevole Meloni, in pochi lo scrivono ma per Fdi queste sono elezioni storiche, mai visti risultati simili.
«Siamo molto soddisfatti. Non torno sul dato delle quindici regioni governate dal centrodestra contro le 5 della sinistra. Ricordo solo che Fratelli d'Italia ha scalzato Cinquestelle ed è diventato il terzo partito italiano. Due dei tre partiti più importanti del Paese oggi si trovano all'opposizione, mentre la maggioranza continua a perdere consenso. Eppure a sinistra sono bravissimi a festeggiare il fatto di non esser stati cancellati dalla faccia della terra».
Soprattutto i Cinquestelle sono crollati ma restano determinante in Parlamento. Riusciranno a governare?
È evidente che ormai c'è un'importante distanza sia sul piano quantitativo sia sul piano qualitativo tra il Paese e la rappresentanza parlamentare. Prima di tutto perché gli italiani hanno votato per tagliare il numero di deputati e senatori. Di conseguenza, come dice Feltri, è curioso che i Cinquestelle, moralisti a parole, ora rimandino l'applicazione di questa norma al 2023. Se volessero essere coerenti dovrebbero essere disposti a sciogliere le Camere».
Poi c'è il tema della legittimità: secondo alcuni esperti l'attuale Parlamento non avrebbe le carte in regola per eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
«Premesso che anche per queste problematiche da tempo sosteniamo che sarebbe giusto procedere all'elezione diretta del presidente della Repubblica, è chiaro che in questo momento ci troviamo di fronte a un paradosso normativo. Il peso dei senatori a vita con meno deputati viene moltiplicato. Così come sarebbe alterato il ruolo dei delegati regionali. Dopodiché non voglio insegnare il mestiere al presidente ma forse c'è del materiale per ragionare».
In tutto ciò si parla solo di governo rafforzato da queste Regionali.
«Sì, anche se invece ne esce chiaramente indebolito. Prima di tutto perché il gruppo di maggioranza relativa che sostiene la maggioranza è ridotto ai minimi termini, il che sta già agitando le acque all'interno di M5S. In più il presidente del Consiglio, per salvaguardare la sua poltrona, ha inviato i suoi emissari in campagna elettorale a chiedere il voto disgiunto per i candidati del Pd. E anche questa cosa è destinata a creare fibrillazioni. Non sottovalutiamo poi il ruolo di Renzi che è uscito a pezzi da queste elezioni e ora farà di tutto per riaffermarsi politicamente. Mi pare una realtà estremamente instabile. Non a caso invece di occuparsi degli interessi del Paese perdono tempo a parlare di rimpasto».
Tra gli eletti di Forza Italia si discute molto dopo il voto. Per Mara Carfagna queste elezioni dimostrano che "il quinquennio del populismo è finito".
«Non apprezzo queste etichette, populista non so neanche cosa significhi. Così come non ho mai inteso il senso del termine moderato. Ho capito solo che di solito quando lo si usa si parla di trasformismo. Uno è moderato se parla di sostegno alle imprese, ma con un pedofilo ha senso essere moderati? Sono etichette buone per il dibattito di palazzo. Al massimo posso dire che la nostra è una forza popolare, ma non credo che sia finita l'epoca di stare in mezzo alla gente? Dalle nostre piazze non sembra. Dai nostri risultati neanche. Dopodiché è vero che fanno di tutto per tirarci nelle polemiche: io continuo a ricevere domande su Salvini nella speranza che un'uscita sbagliata logori i rapporti. E viceversa. Credo però che nei momenti importanti abbiamo sempre dimostrato di saper camminare a braccetto. Questo è essere una coalizione».