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Roberto Speranza e la sfiducia, Lega e Salvini replicano: prima vogliamo leggerla, non vogliamo la testa di nessuno

giovedì 15 aprile 2021

2' di lettura

Dopo il Copasir, anche Roberto Speranza divide il centrodestra. Giorgia Meloni ha proposto una mozione di sfiducia a nome di Fratelli d'Italia contro il ministro della Salute. "Vediamo chi ci sta", ha detto la leader di FdI, unica forza d'opposizione al governo di Mario Draghi in Parlamento. Immediata, però, la doccia gelata dagli "alleati" attualmente al governo, Lega e Forza Italia, che non sono caduti nel "trappolone" strategico di Giorgia. Avessero abboccato, avrebbero aperto una clamorosa crisi dentro la maggioranza.

"Noi non facciamo un ragionamento sulla persona e non vogliamo la testa di nessuno. Vogliamo che ci sia un cambio di passo nella Sanità", ha spiegato il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari dopo aver incontrato il premier Draghi, restando dunque molto abbottonato ma respingendo la mittente, con garbo, la richiesta di sfiducia. Ancora più esplicito Matteo Salvini, segretario leghista: "Non è semplice governare con Pd e Speranza ma è necessario - ha detto -. Essere al governo permette di decidere anche come spendere i soldi che riceveremo dall’Europa. Ripeto stare con Speranza e con il Pd non è la cosa più semplice del mondo, ma era giusto fare così. Noi andiamo avanti nella richiesta di curare gli italiani e tornare a lavorare. Se qualcuno ha sbagliato qualcosa il tempo sarà galantuomo e gli italiani lo sapranno". Come dire: saranno gli eventi a condannare Speranza, non la Lega

Stessa musica da Forza Italia: "Non siamo favorevoli a sfiducie nei confronti del ministro Speranza che si sta impegnando - è la difesa del numero 2 Antonio Tajani, coordinatore nazionale azzurro -. Quando sarà finita la pandemia valuteremo responsabilità e colpe di politici e scienziati". Ma è probabile che quando sarà finita la pandemia, questo governo avrà perso la propria  ragion d'essere, quindi sarà quasi automatico scaricare Speranza e compagni. E se già in Parlamento non c'erano dubbi, numeri alla mano, sull'esito favorevole per il ministro, la vera partita (proprio come la presidenza del Copasir attualmente retta dal leghista Volpi ma reclamata dalla Meloni in punta di regolamento) è tutta politica, dentro il centrodestra, e minaccia di avere ripercussioni anche elettorali.

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