Valanghe di ricorsi

Roberto Speranza, l'ex responsabile del ministero D'Amario conferma: test di autovalutazione sulla pandemia gonfiato

È stato gonfiato il test di autovalutazione della capacità dell'Italia di resistere a una pandemia come il coronavirus. Lo ha ammesso Claudio D'Amario, l'ex responsabile della Prevenzione del ministero della Sanità, che ora rischia di far saltare qualche testa. Nei guai lo stesso Roberto Speranza che si ritrova, con un governo cambiato, sempre nella stessa poltrona: la più alta del dicastero della Salute. Sarebbe questa - secondo Il Giornale - la conferma della catena di negligenze costata quasi 120mila morti e del possibile nesso di causalità tra alcune omissioni e la pandemia. Non a caso al vaglio della Procura a Bergamo - alle prese con l'indagine per epidemia colposa - ci sono documenti, chat, email. Tutti in grado di mettere o meno a rischio i vertici di Iss, del ministero della Sanità e dei membri del Cts degli ultimi 14 mesi. 

 

 

Quando basta, prosegue il Giornale, per riempire tribunali di mezza Italia di ricorsi e di esposti contro l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Il quotidiano di Sallusti ne ha intercettati diversi: in quello presentato a Roma dall'associazione European Consumers si contesta che "fin dalla prima circolare ministeriale 1997 del 22 gennaio 2020 Polmonite da nuovo coronavirus (2019 nCoV) in Cina non viene fatta menzione di alcuna profilassi e terapia con antivirali (disponibili), altri farmaci e cure di supporto", si accusa la decisione (circolare 11285 del 1° aprile 2020) di "vietare le autopsie", che a detta dei ricorrenti "ha determinato un forte ritardo nella diagnosi dei fenomeni trombotici" e si punta il dito contro la terapia domiciliare decisa dall'Aifa solo a fine dicembre 2020, in cui si raccomanda come unica strada da seguire "una vigilante attesa e la somministrazione di paracetamolo o fans".

 

 

Peccato però che mesi dopo a ribaltare la ricetta sia stato lo studio dell'Istituto Mario Negri di Bergamo, che al posto della tachiprina, ritenuta "più dannosa che utile" punta su aspirina e su antinfiammatori come l'Aulin in caso di dolori. Da qui sorge spontanea una domanda: se si fosse puntato subito sulle cure domiciliari con antidolorifici e antivirali - come prevedeva il piano pandemico -, si potevano salvare delle vite? Su questo delicatissimo punto è chiamata ad esprimersi la magistratura.