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Giuseppe Conte, Carlo Calenda ritira anche la sua candidatura: "Letta mi prende in giro"

martedì 7 dicembre 2021

2' di lettura

Non si candida a Roma, Giuseppe Conte. E il suo nemico giurato Carlo Calenda (che per colpa dell'alleanza tra Pd e M5s decise di stracciare la tessera dem pochi giorni dopo averla sottoscritta) lo bombarda senza pietà e contemporaneamente fa un passo indietro. "Conte sapeva benissimo che avrebbe dovuto correre in un territorio non particolarmente fertile per i 5S e che lì con un avversario forte rischiava di perdere. Poi, magari, avrà fatto anche altri ragionamenti, chiedete a lui". Il leader di Azione si riferisce ovviamente alla decisione dell'ex premier di "declinare l'invito" del Pd a candidarsi alle elezioni suppletive per la Camera nel collegio Roma 1, che avrebbe potuto dargli il seggio a Montecitorio che è stato di Roberto Gualtieri fino alla sua elezione a sindaco di Roma.

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Intervistato da Repubblica, Calenda spiega perché a questo punto non gli resta che imitare l'avvocato del popolo: "Ritiro la mia candidatura, per me il problema non sussiste più. Non potevo accettare l'idea che un 5S calcasse i sacri Colli, che il Pd abbandoni i propri elettori a un Movimento che in quel collegio alle Comunali ha preso il 5,3 per cento. E' da tre settimane che Enrico Letta ci prende in giro, dicendo che avremmo parlato. Questo modo di procedere di Enrico dimostra che non c'è nessun Ulivo 2.0 ma solo un Conte 2 riveduto e corretto". Insomma, il "caso Conte" è soprattutto un "caso centrosinistra".



"Chiederò al Pd e a una coalizione più larga - aggiunge Calenda - di incontrarci per decidere chi candidare, in una coalizione senza i 5Stelle. Nella Capitale i grillini hanno una storia particolare, si sono resi colpevoli di un disastro amministrativo. Non possiamo presentarci ai romani con i 5S al nostro fianco". Insomma, quel "campo largo" proposto anche da Matteo Renzi a cui Conte ha polemicamente detto no: "Mi sembra più un campo di battaglia".

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Ma il distinguo del capo di Azione dalla iniziativa di Renzi è netto: "L'operazione con Toti, Brugnaro e Mastella oggettivamente è molto lontana dal nostro modo di vedere la politica. Noi siamo impegnati nella costruzione di un grande movimento riformista in Italia", ma "non crediamo né a un partito né a un gruppo unico in Parlamento. Prima di fare alleanze, dobbiamo costruire un solido movimento liberal-democratico". "Il grande centro, costruito ora e in Parlamento - conclude -, non sta in piedi. Ha altri fini, come pesare di più in vista dell'elezione del Capo dello Stato".

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