Fake-news

Alessandro Sallusti contro "Stampa" e "Repubblica": dal Watergate al watercloset

Alessandro Sallusti

Ieri mattina, il solito rito che apre la giornata fatto di caffè e giornali rigorosamente cartacei. Ancora un po' la colazione mi va di traverso, come capita quando invidio il lavoro degli altri quotidiani. Il titolone di prima pagina de La Stampa sparato a tutta pagina sa di scoop. Prima riga: "Meloni non cede su Salvini", seconda riga "Non lo voglio, è filo-russo".

Le virgolette non lasciano dubbi: quella frase che può cambiare lo scenario politico e spaccare sul nascere il governo di Centrodestra l'ha proprio detta Giorgia Meloni. Chiunque abbia non dico preso un master ma solo frequentato un corso serale di giornalismo lo sa bene e questi direttori e giornalisti di sinistra cresciuti alla scuola dello stile Agnelli - cioè parliamo di standard internazionali - non sono beceri come me, no questi sull'etica professionale non scherzano e non ne fanno mistero.

 

Mi precipito a leggere l'articolo, pagina 7: è a doppia firma, roba da pool di giornalismo investigativo tipo caso Watergate. Inizio a leggere, niente di interessante ma sarà fatto apposta per creare suspense. Avanzo, ancora niente. A un certo punto è scritto che un dirigente anonimo di Fratelli d'Italia - chissà se poi esiste - dice di aver fatto sapere a Giorgia Meloni della sua personale contrarietà all'ingresso di Salvini al governo. E l'articolo finisce lì.

 

Riassumo: un quotidiano con quella storia e di proprietà degli Agnelli-Elkann attribuisce a Giorgia Meloni - che ovviamente in mattinata ha smentito indignata - una frase forse pronunciata da un anonimo funzionario di cui non si specifica neppure il ruolo e rango. Ecco, non siamo in presenza di una caso Watergate ma di un caso watercloset - tradotto caso cesso - costruito apposta per diffondere nell'aria miasmi tossici. È questa la stampa progressista e democratica, la stessa che alla vigilia delle elezioni- allora trainata da La Repubblica- stesso editore de La Stampa - s' inventò di sana pianta la presenza di Salvini nella lista nera degli americani sui politici europei finanziati da Putin.