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Primarie Pd, il regno della mestizia: cartoline desolanti dai seggi

di Enrico Paoli martedì 28 febbraio 2023

3' di lettura

Trovarli, i seggi delle primarie del Pd, è già una bella caccia al tesoro. Mica son tutti lì, con il cellulare in mano, a consultare l’applicazione messa in rete dai dem per trovare il posto più vicino a casa. Perché di gazebo, quelli bianchi con quattro pali agli angoli, non ne hanno montati molti. Con un tempo così. Quindi, sezioni, associazioni, bar, kebabbari (quelli che vendono Kebah), circoli d’arte varia. Di tutto di più, pur di andare sopra il milione di votanti, com’è avvenuto (potendo votare più volte in posti diversi...). Sotto sarebbe stato un fiasco. Ma se il flop è stato scongiurato (comunque non sono i 3,5 milioni del 2007 o il milione e 600mila del 2019), resta la mestizia del rito. La Cooperativa “La liberazione”, in via Lomellina, per esempio, è uno di quei luoghi iconici di Milano in cui, prima o poi, ci cascano tutti per cenare, e pure a pranzo non si scherza. Ma quanti sapevano che anche lì si poteva votare per Elly o Stefano?
Quanti?

FILA SOLO PER MANGIARE
Ora di pranzo, cielo grigio e temperatura rigida. Per mangiare la fila, per votare no. Figuriamoci. Mica si campa, con la primarie. Mentre con un bel piatto di maccheroni ci tiri tranquillo sino a cena. E che dire del bar di Via Vivaio (a Milano quella strada rappresenta una storia, con la polemica legata alla scuola per ciechi traslocata dalla giunta comunale, guidata dal sindaco, Beppe Sala), dove la bandiera del Pd sventola solitaria. Pochi avventori, urne senza votanti. Ma come sono belle queste primarie del Pd. Certo, qualcosa cambia nelle sedi del partito, tipo quella di via Archimede, semi centro, dove un minimo di movimento c’è. E vorremmo pure vedere. Ma in via Laghetto, a due passi dalla Statale e a quattro dal Duomo, anche trovare la porta d’ingresso è una bella opera di ingegno. La bandiera attaccata ad un palo sembra un residuato bellico. Insomma, questi voti, i piddini, se li sono proprio guadagnati. Tant’è che a Magenta, in provincia di Milano, ha votato anche una donna di 101 anni. La signora Eda, classe 1922, ha depositato la scheda attorno all’ora di pranzo, accompagnata dal figlio. Alle primarie ha partecipato anche un volto noto del cinema e del teatro: Giovanni Storti, comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, ha votato a Milano. Mica roba da ridire, eh. A causa del maltempo, però, vari seggi sono stati spostati in luoghi coperti, aggiungendo disagi ai guai già registrati in città.

Meglio a Bologna. «Questa è la fila per votare?», nel (piccolo) quartier generale del circolo della Bolognina, cuore rosso del capoluogo emiliano, luogo simbolo della parabola politica di Achille Occhetto, la voce incredula di una anziana sorpresa dai tanti elettori dem in fila dalla mattina per partecipare alle primarie fa scalpore. «Chiediamo una nuova svolta. Serve un deciso cambio rotta del partito verso sinistra», sostiene il coro del popolo della Bolognina. «Rivendico con grande orgoglio che siamo l’unico partito a fare questa festa di democrazia», afferma Enrico Letta, «questa grande affluenza è dimostrazione che le scelte fatte erano quelle giuste. Darò una mano senza sgomitare». Circa le sedi qualche dubbio resta, perché tanta festa non l’abbiamo proprio vista, né dentro né fuori. Sarà stata tutta interiore, quasi mistica. Per dire. Su richiesta del Commissario provinciale del Pd di Siracusa, Antonio Nicita, durante le operazioni di voto, è stato osservato un minuto di silenzio, alle ore 12, per ricordare le morti sul lavoro a partire dall’ultima di Avola, dove un giovane operaio ha perso a vita in un cantiere edile.

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