Capocomico

Bersani, il nonno Pd riesumato: "Dai facci il giaguaro"

Francesco Storace

Pierluigi Bersani riesumato dal Pd fa effetto. E magari, tra i suoi, suscita simpatia per il suo carattere ridanciano. Che ora si vendica di quel partito che lo mise alla porta. È il nuovo cocco dei dem. Si sono scordati di quando lo costrinsero ad andarsene dalla segreteria – e un po’ di tempo dopo dal partito e poi rientrare dopo qualche anno di punizione dentro Leu – fucilato da 101 franchi tiratori contro la candidatura di Romano Prodi al Colle. Adesso, a quasi 73 anni, ritorna sui palchi a giocare alla politica con le sue strambe parabole. Alle quali bisogna sorridere per forza proprio perché Bersani è fatto così. Inanellare un’analisi politica diventa fatica improba quando non sei più il giovinetto di un tempo e allora buttarsi sulle battutacce diventa un piacere.

Ce la mette tutta anche contro Marco Marsilio, presidente dell’Abruzzo e ricandidato per le elezioni di domenica prossima, accusandolo – pure lui come fa la Schlein l’americana svizzera – di essere romano. Peccato che Bersani si sia scordato di quando ebbe proprio lui la grande occasione, nel 2013. Da segretario del Pd corse per il governo, voleva fare il presidente del Consiglio e si candidò in Lombardia, Lazio e Sicilia, mica in Emilia... Marsilio non lo può fare, lui sì. Che roba... Per la cronaca, Bersani optò per il collegio lombardo. E poi si fece trat tare a pesci in faccia da Vito Crimi e Roberta Lombardi, i luogotenenti grillini che gli sbarrarono la porta di Palazzo Chigi.

 

 

 

SOLITE IPERBOLI

Quel che colpisce ora, però, sono le modalità con cui si fa usare perla campagna elettorale abruzzese (e prima quella sarda). Se non fossimo rispettosi comunque del suo passa to, diremmo che lo trattano da giullare sorridente vicino ad Elly Schlein. Sarebbe da esclamare «salvate il compagno Bersani», che però insiste. E pensa che le pacche sulle spalle siano voti. L’ex segretario continua a parlare per parabole, «pettinare le bambole», si sente come «la Madonna pelle grina», celebra la sua «mucca nel corridoio...». Durante i comizi a chi gli chiede come si sente, ne inventa un’altra, abbastanza curiosa, ma così curiosa che non la capisce davvero nessuno anche se fanno finta di ridere: «Mi sento come il prosciutto nel panino tra la speranza dell’Abruzzo e la speranza del Pd».

Sempre in tema culinario, la accuse al centrodestra: «Stanno facendo a fettine l’Italia con l’autonomia differenziata, bisogna chiamare Garibaldi per riunire l’Italia, ma se gliene tiene di venire...». E spara ovviamente sulla “romanità” di Marsilio: «Anche io conosco Vola Vola, la posso cantare a tre voci, ma non per questo mi viene in mente di candidarmi in Abruzzo». In Lombardia, all’epoca, forse intonò Mia bella Madunnina... Ma il massimo lo offre quando deve spiegare un’alleanza composta da partiti i cui leader nemmeno si parlano tra loro: «La direzione è il fiume, ma i partiti sono gli affluenti. Nel centro sinistra bisogna superare la visione ristretta dei partiti».

 

 

 

Poi, a Lanciano si è superato. «Il centrodestra si è diviso molte volte, dopodiché, è vero che loro si ammucchiano», (si scorda, ma può scattare il vuoto di memoria, i demoni che massacrano la sinistra l’un contro l’altro armati), inventa «un vicepresidente sta con Navalny e l’altro con Putin e vanno avanti lo stesso», e ancora «loro galleggiano sull’Italia così com’è, non hanno problemi di cambiare qualcosa. Noi abbiamo invece il problema di cambiare qualcosa cominciando dall’Abruzzo. Cari abruzzesi, sta passando un treno che non potete perdere, avete un presidente candidato che è una meraviglia».

Cabaret di quello vero, che fa gioire in piazza e successivamente frignare nelle urne. Poi, come se scendesse dalla Luna senza aver mai assistito a quello che “denuncia” da anzianotto politico ritornato in circolazione, l’ultima performance: «Tutti questi ministri che vengono qui danno un segno di debolezza, perché se avessero governato bene starebbero raccontando quello che hanno fatto in questi 5 anni». Strepitoso, è la prima volta che i ministri fanno campagna elettorale. Le bugie non si raccontano, nonno Bersani.