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Crisi, guerre e ansia: l'eredità del terribile biennio della pandemia

di Costanza Cavalli lunedì 27 gennaio 2025

3' di lettura

Ci eravamo detti «andrà tutto bene» quando andavamo in giro mascherinati e guantati e dribblavamo i passanti e ci puntavano la pistola alla fronte per entrare al bar, quando si parlava di tamponi e di green pass, di zone rosse e di coprifuoco. Ci eravamo detti «andrà tutto bene», noi, i vivi, perché di quel coso invisibile che sembra una pallina adesiva per i giochi a bersaglio dei bambini non sapevamo niente, che fosse uscito da un laboratorio cinese o no. I decreti legge venivano emessi di continuo, ma la realtà li accartocciava come una fiamma azzurra, Borrelli leggeva i bollettini, nel pomeriggio, e l’aria intorno diventava gialla.

Un giorno alla volta la paura è sbiadita, le mascherine sono scese prima sotto il naso poi sotto il mento, è arrivato il vaccino. C’è stato un gran citare “La peste” di Albert Camus: “Bisogna restare, accettare lo scandalo, cominciare a camminare nelle tenebre e tentare di fare il bene”, scriveva lui e dicevate voi. Davvero ci credeva qualcuno? L’uomo è una specie irresponsabile, cambiare abitudini è fatica e farla, la fatica, non piace a nessuno. Per questo, umanamente, ne siamo usciti né migliori né peggiori. Il mondo no, il mondo è peggio.

L’economia non si è ripresa: se nel 2020, lo shock ridusse il Pil mondiale del 3,1% (in Italia crollò addirittura dell’8,9%, la più grave recessione dal secondo dopoguerra), a quasi cinque annidi distanza l’agenzia Scope Ratings stima che il debito pubblico dei Paesi del G7 è destinato a salire dal 126,1% del Pil di fine 2023 al 135,2% nel 2029. All’emergenza del Covid, tra il 2020 e il 2022, si è aggiunta l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con il conseguente rialzo dei prezzi dell’energia, soprattutto in Europa. Da qui, le ulteriori politiche di sostegno economico. E l’inflazione? Principale causa della vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, nell’Eurozona è tornata a crescere per il terzo mese consecutivo, a dicembre si è attestata al 2,4% (in Italia è scesa all’1,4). Mentre gli Stati Uniti vanno avanti, però, noi rimaniamo indietro: «L’Unione Europea è diventata un deserto di innovazione», ha scritto Matthew Karnitsching su Politico. Oggi soltanto 4 delle prime 50 aziende tecnologiche al mondo sono europee.

Più drammatico era stato il rapporto di Mario Draghi, a fine estate, sul futuro della competitività dell’Unione e la sfida della produttività: in un mondo multipolare così competitivo, aumentarla è una sfida “esistenziale”, ha scritto, l’alternativa è che saremo “inesorabilmente meno prosperi, meno uguali, meno sicuri e meno liberi di scegliere il nostro destino”. Se si verificasse l’Unione “avrà perso la sua ragion d’essere”. Il mondo, inoltre, è diventato più instabile, e questo accade mentre l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti, quello che ci ha permesso di dedicare il budget per la difesa al nostro lunapark sociale, rischia di chiudersi. Oltre al conflitto Ucraina-Russia e quello in Medio Oriente, c’è stato un aumento dei morti nei conflitti interstatali, il numero di persone che vivono in democrazie è in calo e i flussi migratori riflettono il caos globale. La democrazia entra nel 2025 con le ossa rotte: i risultati elettorali dell’ “anno della democrazia” (oltre un miliardo di voti espressi in 73 nazioni) hanno emesso un verdetto schiacciante sui governi in carica. I presidenti uscenti nei dodici Paesi occidentali sviluppati hanno perso voti alle urne.

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Neanche dopo la crisi finanziaria globale i governi in carica avevano ricevuto un tale segnale: nel 2024 in tutto il mondo sviluppato hanno perso sette punti percentuali, più del doppio del calo subìto all’indomani del 2008. Altro? I danni psicologici, neuropsichiatrici e comportamentali: dopo la pandemia un giovane su due soffre di ansia e depressione. I medici erano eroi e ora vengono pestati in corsia. È fallito anche lo smart working perché le aziende, e ora lo stesso Trump, si sono accorte che il lavoro è “agile” perché è “poco”. Dovremmo tornare a citare Camus.

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