Mister Giuseppi - rispolverato ironicamente da Giorgia Meloni proprio nei giorni scorsi - continua a costarci un patrimonio. O meglio: i provvedimenti attuati dal governo Conte - per tentare di rilanciare l’economia dopo la fase pandemica- come il 110% per sostenere il settore edilizio continuano a pesare (non poco) sui conti pubblici.
Considerando che da quest’anno il contributo di sconti fiscali è stato limato al 65%, già nei primi tre mesi del 2025 gli oneri a carico dello Stato sono lievitati di altri 1,8 miliardi di euro. Tirando le somme - come fanno dal centro studi della Cgia di Mestre- il valore economico complessivo del vantaggio fiscale riconosciuto a coloro che hanno utilizzato l’incentivo per finanziare i lavori di ristrutturazione/efficientamento energetico delle proprie abitazioni è decollato oltre i 126 miliardi.
C’è da augurarsi che il 2025 rappresenti l’ultimo periodo appesantimento dei costi per i contribuenti italiani. A normativa vigente (e quindi escludendo ulteriori correttivi dopo la mitragliata di provvedimenti del governo Draghi), dal 2026, infatti, il Superbonus non sarà più utilizzabile. Stadi fatto che tra gennaio e marzo 2025 le uscite i rubinetti finanziari sono rimasti copiosamente aperti.
Chi politicamente lo ha voluto continua a difendere il provvedimento, sostenendo di contro che non si debba guardare solo alla spesa che lo Stato, ma alzare lo sguardo e bilanciare l’esborso pubblico con il ritorno generato (maggior gettito Irpef, Ires, Iva, etc.). Senza dimenticare l’effetto leva sull’occupazione, sul Pil, e alla lunga sul maggiore risparmio energetica. Tra fine 2020 e dicembre 2023 i costi di costruzione e materie prime necessarie sarebbero aumentati del 20%. Sono spuntate come funghi società di ristrutturazione e costruzione per effetto proprio dell’appetibile Superbonus. Così come tantissime micro attività stanno chiudendo.
Tesi affascinante purtroppo (smentita, almeno in parte) da alcuni approfondimenti della dalla Banca d’Italia. I ricercatori di via Nazionale hanno sottolineato che da una indagine che ha interessato i beneficiari de Superbonus, il 25% dei i proprietari li avrebbe realizzati comunque, gravando inutilmente sulle casse dello Stato per almeno 45 miliardi di euro.
Come se non bastasse i tecnici di Palazzo Kock più e più volte hanno sottolineato la «natura regressiva di questa agevolazione fiscale destinata al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici». Gli fa eco anche la Corte di Conti che ha denunciato come le risorse pubbliche impegnate per il Superbonus abbiano interessato, in particolare, le persone più abbienti.
A livello nazionale, l’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 252.147 euro. Il picco massimo è stato in Valle d’Aosta (402.014 euro per immobile), seguono Liguria (306.240), Campania (304.692), Basilicata (304.681) e la Lombardia ( 303.757). A guardar bene c’è chi ha approfittato dell’incentivo per rimettere in sesto a spese della collettività la bellezza di 8 castelli. Secondo il focus realizzato per il Parlamento ogni magione definibile “castello” ha beneficiato di incentivi per la bellezza di 242.212,39 euro. C’è da augurarsi almeno che i legittimi proprietari delle fortezze applichino uno sconto sui biglietti di ingresso. I dati messi in colonna dall’Enea titolare della rendicontazione degli interventi approvati - parlando di un totale di 1.082.833,15 euro. Per un totale di investimenti certificati pari a 1.937.699,12.