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Alessandro Giuli chiude rubinetti: basta soldi ai film fantasma

di Elisa Calessi venerdì 27 giugno 2025

3' di lettura

 Regole più stringenti e maggiori controlli. È questa la cura che il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha promesso per evitare che film mai realizzati o mai distribuiti ottengano soldi dello Stato. Come, purtroppo, è emerso. Quanto al passato, sono stati avviati controlli su 200 film. E per metà di questi, essendo emersi dubbi, sono stati inviati i documenti alla Guardia di Finanza. Lo ha detto il ministro ieri in Senato, rispondendo al question time. «Nessun film fantasma potrà più approfittare delle risorse pubbliche. Basta sprechi e truffe: i soldi dei contribuenti andranno solo a chi fa davvero cinema», ha scandito il ministro Giuli.

Nessuno mette in dubbio l’importanza dell’investimento pubblico in un settore che, ha detto, è «altamente strategico per rafforzare la coesione e l’identità culturale italiana». Ma proprio per questo «riteniamo necessario che le risorse disponibili siano allocate in modo trasparente, attraverso meccanismi di verifica e accertamento sempre più efficienti». Il primo cambio di passo consiste nel «razionalizzare i criteri di attribuzione delle risorse e degli incentivi, al fine di eliminare alcune distorsioni che si sono verificate in passato».

LE MISURE
Nel dettaglio, le misure anti-truffa sono queste. Si introduce «il divieto di sub-appaltare prestazioni o servizi a soggetti terzi». Si prevede «l’obbligo per i fornitori di servizi di esplicitare il personale coinvolto in ciascuna prestazione». Sarà, poi, obbligatorio inserire il «titolo dell’opera nei documenti di spesa, pena l'ineleggibilità del costo». E ancora: la direzione generale competente potrà «effettuare valutazioni sulla congruità dei costi», saranno inasprite le «sanzioni a carico del revisore che effettua la certificazione del costo», saranno estesi i casi «di esclusione dai benefici per i successivi 5 anni in caso di dichiarazioni mendaci o mancato rispetto dell’obbligo di reinvestimento». In più, ha spiegato Giuli, ci saranno «ulteriori misure di rafforzamento dei controlli», in particolare per quanto riguarda la «piena tracciabilità dei flussi finanziari», «l’utilizzo di conti correnti dedicati per i pagamenti di fatture e documenti di spesa», «l’obbligo di fornire su richiesta una perizia di congruità dei costi sostenuti in relazione all’opera, in relazione alle produzioni esecutive di opere straniere, alla consegna dell’intera opera realizzata». Le nuove regole saranno poi accompagnate a «una sempre maggiore attività di controllo eseguita per ciascuna pratica dalla Direzione generale competente».

E si intende approfondire anche quelle situazioni che, «nonostante l'apparente regolarità delle domande trasmesse», presentano «elementi meritevoli di particolare attenzione». Come il caso delle 100 opere che sono state inviate alla Guardia di finanza, sulle 200 controllate. Tra le pratiche sotto controllo anche quella riguardante Francis Kaufmann, il killer di Villa Pamphilj.

IL TEATRO DI FIRENZE
In risposta, poi, a un’interrogazione del Pd sul caso del Teatro La Pergola, da alcuni mesi diretto da Stefano Massini e declassato, dalla commissione consultiva del ministero, da teatro nazionale a teatro della città di Firenze (decisione in seguito alla quale tre membri si sono dimessi), ha annunciato di aver chiesto di «acquisire i verbali della commissione» per poi procedere «alla loro integrale pubblicazione». E ha ricordato che, una volta pubblicati, entro 15 giorni si può chiedere il riesame della decisione. Ha, però, difeso la decisione della Commissione, ribadendo, innanzitutto, che questo organismi «non subiscono alcuna influenza esterna», ma si pronunciano sulla base di «valutazioni tecnico-discrezionali in totale autonomia». E lo stesso è accaduto nel caso in questione, dove, ha detto, i componenti della Commissione «hanno ritenuto, a quanto si apprende, la domanda non all’altezza di un teatro nazionale». E ha ricordato le «le criticità» del Teatro della Pergola che «negli ultimi anni ne hanno eroso la reputazione, i finanziamenti, la proiezione internazionale e la capacità di far esprimere una figura di valore come quella di Stefano Massini». Un declino, ha proseguito il ministro, che è stato causato da «decisioni unilaterali operate esclusivamente sulla base di prassi politiche che con l’aspetto artistico non dovrebbero avere nulla a che fare».

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alessandro giuli

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