"Ci sfasceremo come l'Unione di Prodi". A Giuseppe Conte non si può rimproverare per una volta la schiettezza: la sua intervista al Corriere della Sera a qualcuno suonerà come un ammonimento a Elly Schlein, magari una sconfessione del suo progetto politico o addirittura un avviso di sfratto per la leadership del centrosinistra. Oppure, una semplice, involontaria profezia sul futuro delle opposizione. Qualsiasi sia l'interpretazione, ne esce un quadro desolante. Per gli anti-Meloni, s'intende.
"L'unità è la migliore condizione per vincere, però non può essere una semplice invocazione. E' un percorso non facile, paziente, di confronto tra diversi sulle cose da fare e i valori da difendere. Stando semplicemente uniti si vince, ma non si governa", osserva il leader del Movimento 5 Stelle, smantellando il motto della Schlein a proposito di un Pd "ostinatamente unitario".
"Non basta arrivare a Chigi - continua Conte -. Dobbiamo assicurare stabilità con un progetto serio, evitando un governo che si sfaldi poco dopo le elezioni come accadde con l'Unione di Prodi. Noi siamo al lavoro con umiltà per costruire un progetto autenticamente progressista, indicando le soluzioni migliori su sanità, ambiente, infrastrutture, classi disagiate, piccola e media impresa". L'ex premier si dice "orgoglioso del contributo di idee e unità offerto con responsabilità dall'intero M5s in queste regionali. Io stesso ho lavorato intensamente quest'estate, all'interno della mia comunità e con le forze di coalizione, per individuare in tutte le regioni i candidati e i contenuti più competitivi per andare a vincere. Ho lavorato molto anche con Goffredo Bettini, che voglio ringraziare per il grande contributo offerto con generosità e autorevolezza". Quel Bettini che tanti indicano come l'eminenza grigia del Pd e che da anni lavora per l'alleanza organica giallorossa.
C'è però la grande incognita del federatore: chi può tenere tutti insieme senza scatenare invidie, gelosie e recriminazioni tra leader, capi e capetti del centrosinistra? Una domanda di fronte alla quale Conte, come sua abitudine, preferisce svicolare: "Fatte le debite proporzioni, a livello nazionale sarà un po' come per le regionali. Dovremo prima definire un programma autenticamente progressista, poi individueremo l'interprete che offre maggiori garanzie di competitività". Resta la litigiosità dentro quello che era stato definito, con grande sforzo d'ottimismo, il "campo largo". Carlo Calenda ha accusato Schlein di essersi inchinata ai 5 Stelle ma, sottolinea Conte, "queste critiche non ci sono state mosse dagli esponenti territoriali di Azione, che hanno lavorato con noi anche dissociandosi dalle provocazioni di Calenda". Il governatore uscente della Campania Vincenzo De Luca ha invece sparato su quello che dovrebbe essere il suo successore, il candidato grillino Roberto Fico (già più volte insultato in passato): "Il problema è in casa del Pd. Le scaramucce dialettiche non mi appassionano, adesso è tempo di confrontarsi sui programmi e aprire questo progetto a tutte le componenti politiche e della società civile della Campania".
Capitolo legge elettorale: "Il centrodestra si muove perché teme di essere sfavorito. Dubito però che il Pd possa prestarsi a fare da spalla a una riforma del sistema elettorale pensata per dare a Meloni una chance in più di vittoria".