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La sinistra odia Charlie Kirk e con lui i Padri fondatori

Dialettica socratica e origine degli Stati Uniti d'America
di Corrado Ocone martedì 16 settembre 2025

3' di lettura

Ciò che ha più impressionato nella triste vicenda dell’assassinio di Charlie Kirk è stata la reazione immediata con la quale la sinistra, al di là e all’al di qua dell’oceano, ha provato a infangare la sua memoria e a trovare giustificazioni di ogni tipo a quello che è stato un atto di assoluta e gratuita barbarie. Una sorta di riflesso condizionato che, senza probabilmente conoscere nulla delle idee e delle attività della vittima, lo ha collegato a Trump e perciò stesso lo ha reso un essere subumano.

Come è venuto poi poco alla volta alla luce, Kirk era un uomo con idee forti e precise, ma la cui verità voleva continuamente saggiare nel confronto dialettico con chi la pensava diversamente, quindi un fautore del dialogo.

Il quale è alla base di ciò che chiamiamo democrazia. Il suo ideale richiama a ben vedere le idee dei Padri Fondatori, e più in generale l’universo mentale e morale che animava quel nucleo di intellettuali e politici che dettero vita nel XVIII secolo a quella che, secondo Hannah Arendt, è stata l’unica rivoluzione liberale e non violenta dell’età moderna.

Si può dire anzi che tutta l’attività di Kirk era rivolta a ripristinare quello spirito originario, che non a caso egli pensava fosse andato perdendosi gradualmente in un processo che era approdato infine alle follie woke degli ultimi anni. I “rivoluzionari” americani avevano infatti due riferimenti sopra gli altri ed erano gli stessi che aveva Kirk: la Bibbia e l’antichità classica, che anche loro pensavano di dover ristabilire in quanto calpestati dagli stati europei, dominati da sovrani assoluti e da un clero che si era fatto potere dispotico e corrotto tradendo lo spirito evangelico.

La rivoluzione americana non è stata anti-religiosa come le altre, a cominciare da quella francese, le quali in modo solo apparentemente paradossale hanno finito poi per attribuire allo stato una potestà divina dando vita a vere e proprie “religioni politiche” o secolarizzate. Il richiamo a Dio che ricorre nella Dichiarazione d’indipendenza, e in moltissimi documenti ufficiali americani ancora oggi, non è un semplice omaggio formale o un artificio retorico. Esso serve per stabilire su basi solide quel principio di uguaglianza che è alla base della democrazia: siamo tutti figli di un unico creatore e quindi fratelli con pari dignità e eguali diritti. Avendoci inoltre fatti a sua immagine e somiglianza, Dio ci ha dotato di ragione e libertà, cioè proprio quelle virtù che Kirk esercitava nella sua infaticabile attività. Quanto al riferimento alla classicità, esso, oltre che in vari testi scritti, si ritrova nei tanti riferimenti simbolici alla Roma antica del periodo “rivoluzionario”.

A cominciare da quelli presenti nell’architettura, a iniziare ovviamente dal Campidoglio a Washington. Per gli intellettuali e politici che avevano promosso l’indipendenza, la Roma repubblicana aveva ereditato e perfezionato il lascito della Grecia del V secolo, che aveva nella discussione pubblica con metodo socratico che si svolgeva nell’agorà il proprio centro ideale. Anche i più moderati fra i progressisti, accusano in questi giorni Kirk di voler voluto comunque ripristinare vecchie idee e cancellare le “conquiste” sociali degli ultimi anni. Quasi come se la democrazia non procedesse per “tentativi ed errori” e la storia dovesse seguire un percorso predeterminato e necessitato de claritate in claritatem. A volte si può riconoscere di star progredendo verso un baratro ed è giusto perciò fare un passo indietro. È proprio questa “mentalità progressista” che porta molti a odiare il dialogo e l’argomentazione razionale, fino ad azzittire (in senso metaforico e in alcuni casi reale) chi la pensa diversamente. In quanti a sinistra possono dire di riconoscere in chi la pensa diversamente un avversario e non un nemico? In quanti superano ancora oggi l’esame di maturità democratica?

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