Uscita dalla porta, Elly Schlein prova a rientrare dalla finestra. Dove? Ma nel suo partito, il Pd. La strategia del “testardamente unitari” della segretaria dem ha avuto successo: il campo largo delle sinistre avrà in ognuna delle sei Regioni in cui si va al voto un candidato comune, ma il prezzo pagato dalla leader è che nessuno dei prescelti la rappresenta.
Roberto Fico e Pasquale Tridico, Campania e Calabria, sono grillini. Matteo Ricci e Antonio Decaro (Marche e Puglia) sono due potenziali candidati a sostituirla alla segreteria, uno spinto dall’area romano-bettiniana, l’altro da quella riformista-bonacciniana. Eugenio Giani (Toscana) è un ex renziano che le si è imposto. Il veneto Giovanni Manildo è una brava persona, ma a nessuno interessa etichettarlo visto che ha perso nell’attimo esatto in cui è sceso in campo.
TERRENO DI GIOCO
Prima di sconfiggere la destra alle urne quindi la leader ha la preoccupazione di prendersi una rivincita nel suo campo, o quantomeno nel suo partito. Il terreno di gioco è quello delle liste elettorali.
La battaglia più aspra è in Toscana, dove l’obiettivo sembra legare le mani a Giani, nel caso vinca. Elly vuol riempirgli il Consiglio di persone che riportino a lei sola. Operazione facilitata dal listino bloccato, al quale i dem sono ricorsi per la prima volta nella storia in Regione: tre nomi imposti dal partito e che hanno il seggio sicuro, a prescindere dalle preferenze: Iacopo Melio, Gianni Lorenzetti e Simona Querci.
Ovviamente il Pd sul territorio non ha gradito, anche perché il blitz è stato replicato con le deroghe al tetto dei due mandati, portati a tre per permettere alla segretaria di ripresentare gli assessori uscenti Alessandra Nardini e Antonio Mazzeo, di stretto rito schleiniano, con la scusa di «garantire la continuità amministrativa». Come contentino, al territorio, che già si era ribellato alla segretaria con oltre cento sindaci che avevano firmato per Giani presidente, il Nazareno ha concesso la deroga anche a Simone Bezzini e Leonardo Marras. Ma non a Sonia Luca da Pontedera. Apriti cielo, i consiglieri e il sindaco della cittadina si sono sospesi fino a risarcimento da stabilire. Beghe da cortile? Neanche troppo. Venuta dal nulla, Schlein deve pure occupare il territorio.
Ci ha provato anche nelle Marche, con risultati da verificare. La sua segretaria regionale, Chantal Bomprezzi, a rischio seggio, ha imposto il divieto di terzo mandato, per far fuori i portatori di voti che l’avrebbero superata in lista, Fabrizio Cesetti, Antonio Mastrovincenzo, Manuela Bora e Anna Casini, capogruppo Pd in Consiglio. Ne sono seguiti caos e rabbia, con il candidato Matteo Ricci incavolato nero per essersi visto azzoppare i cavalli di razza da una ronzina. Soluzione variegata: Cesetti ha avuto la deroga, Mastrovincenzo si candida nella lista dell’aspirante governatore ad Ancona mentre Bora e Casini (lesa maestà) restano a casa. Tutto risolto? Macché. Il Pd nel capoluogo è più diviso che mai. Matteo ha imposto Michele Brisighelli come testa di serie e la ex sindaca, Valeria Mancinelli, pure lei in corsa, si sente abbandonata. Non la invitano neppure alle cene elettorali. L’esclusione di Casini ha creato poi un’area di insoddisfazione trasversale, verso Ricci e Schlein, che si coagula intorno alla capogruppo Marina Magistrelli, storica eminenza grigia dem, tre volte parlamentare, da lustri in rotta con l’ex sindaco di Pesaro.
In Puglia si attende il secondo round del match tra Antonio Decaro e Michele Emiliano. Il governatore ha una squadra da mettere in lista e spera di poter contare sulla segretaria dem, con la quale è in credito, per una mano. Lei d’altronde non ha nessuno sul territorio, se non per la presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone, che fece tutta la campagna per Stefano Bonaccini, salvo poi saltare sul carro della vincitrice all’ultimo, e Lucia Parchiteli. La seconda non è sacrificabile ma non ha problemi, la prima neppure e sarà premiata con la deroga al tetto del doppio mandato: sta in consiglio già da quindici anni ma si ripresenterà. Come tanti altri, da Donato Pentassuglia a Fabiano Amati, ai quali a questo punto Decaro non vuol rinunciare. Quanto alla squadra di Emiliano: a Bari verrà catapultato dal Parlamento Ubaldo Pagano e a Taranto andrà Cosimo Borraccino, attuale consigliere del presidente per il territorio. Raffaele Piemontese, che era tra i papabili per il posto di governatore, a Foggia è forte di suo mentre Decaro ha fatto l’ultimo dispetto a Lecce a Emiliano: porta chiusa ad Alessandro Delli Noci per via di un’inchiesta, che però non pare così compromettente.
IL CASO CAMPANIA
E in Campania? Hanno da passare ancora parecchie nottate. Le liste le decideranno i De Luca, padre candidato con la personale A testa Alta, e figlio, segretario regionale dem. Ma Piero è più morbido di Vincenzo, e poi a lui interessa Roma, la ricandidatura al Parlamento nel 2027, e non Napoli. Quindi trovare la quadra con Marco Sarracino, la quinta colonna di Elly nel capoluogo sarà più facile del previsto. Uno non ha interesse a rompere le scatole più di tanto, l’altro va risarcito e da quelle parti, come si dice, nessuno è fesso. I deluchiani nella lista di papà, gli schleiniani in quella del Pd con una riserva per Piero. I dem veri? Domani è San Gennaro, che preghino.
Tutto secondo apparato invece in Veneto, dove il Pd perderà ma dove il coordinatore Andrea Martella ha fatto liste perfette: un po’ per tutti, ma alla segretaria un po’ più che agli altri. Che venga premiato con la candidatura a sindaco di Venezia?